Questo è il mio comodino. E’ così da un mese.
Non che io sia una intellettuale o una che fagocita libri più del pane.
Ho semplicemente comprato qualche libro per poter dormire meglio e per riattivare i miei neuroni un po’ spenti nell’ultimo periodo.
In ordine, partendo dal basso e dalla parte meno visibile, “Anatomia dell’irrequietezza” di Chatwin, iniziato 2 mesi fa e ancora a metà dell’opera. Talmente intenso, e a tratti vicino al mio pensiero, che spesso sento l’esigenza di accantonarlo per riprendere fiato.
In lieve sporgenza “Momenti di trascurabile felicità” di F. Piccolo. Leggero, ironico, a tratti sarcastico, vengono portati a galla quei piaceri quotidiani volatili che caratterizzano le nostre giornate e a cui spesso non prestiamo attenzione. Terminato in meno di 10 serate presonnifere.
Con cover bianca e nera, il mio terzo libro di Tahar Ben Jelloun, “Jenin, un campo palestinese”. Comprato su Amazon perchè fuori produzione.
Quando mi è arrivato e ho scartato l’involucro ho esclamato “uh, odora di antico”….per accorgermi dopo 1 minuto che è proprio antico!!
E’ del 2002, quindi solo 10 anni, ma tutte le pagine all’interno hanno assunto quella rigidità, ruvidezza e quel tipico odore di libro dimenticato tra le braccia di sorella muffa e fratello scantinato.
Detto questo, non vedo l’ora di leggere queste 75 pagine ammuffite e intrise di storia volta a denunciare le atrocità e l’assurdità di qualsiasi guerra.
Sulla destra, un libro di cui avevo letto una recensione, “L’acqua più dolce del mondo”.
Uno di quei libri che ti rapiscono già dal titolo e dalle prime 2 righe “…Là dove i confini di Iran, Pakistan e Afghanistan si incontrano…”. Spero di non rimanere delusa.
E molto più sotto, nascosto, ma visibile con la copertina arancio, “Vagabonding” di Potts.
Dopo aver sfogliato Gioia, credo inizierò da Ben Jelloun. 75 pagine non implicano eccessivo impegno mentale.