Un libro su Giuseppe Berto per il Centenario della nascita curato da Pierfranco Bruni e con contributi di Gennaro Malgieri, Gerardo Picardo, Marilena Cavallo e Micol Bruni
Uno scrittore tra l’eresia e le innovazioni linguistiche
Da “Anonimo veneziano” alla Calabria
Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita. Su questo autore il Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, diretto da Pierfranco Bruni, in occasione del centenario della nascita, pubblicherà, con l’editore Pellegrini, un saggio dedicato allo scrittore nato nel 1914 e morto nel 1978. Nel testo verrà pubblicata anche una lettera inedita di Giuseppe Berto a Francesco Grisi datata 1967.
Il saggio, curato e con scritti di Pierfranco Bruni che sottolinea il rapporto tra Berto e il Novecento letterario e il suo legame con Francesco Grisi e le sue eredità con Albert Camus, vede i contributi di Gerardo Picardo che si sofferma sugli aspetti “teologi” ed eretici del Giuda in Berto Gennaro Malgieri che affronta gli elementi storico – politici e letterari intorno al suo diario “Guerra in camicia nera”, Marilena Cavallo che traccia un profilo puramente letterario e Micol Bruni che raccorda la dimensione calabra in Berto oltre a coordinare una bibliografia ragionata.
“Il suo rapporto con Francesco Grisi è stato, soprattutto dopo il 1967, di un’intensità profonda. Spesso Grisi. Sottolinea Pierfranco Bruni, mi ha parlato di Berto. Ma a Berto resto legato per due libri che reputo fondamentali anche nella mia formazione letteraria sui contemporanei: Anonimo veneziano e La gloria. Non ho mai smesso di leggere Berto nel corso dei miei anni”.
In Giuseppe Berto (Mogliano Veneto, 1914 – Roma, 1978) si vive un intreccio non solo letterario, ma anche esistenziale e psicologico tutto giocato tra amore e morte. Ovvero tra la capacità dell’amore di farsi definizione ancestrale di un modello di vita, che ha in sé il senso del destino, e la realtà della morte che diventa, nei suoi scritti, sempre più consapevolezza di un andare nel di dentro della vita stessa senza la paura della perdita.
Lettera inedita di Berto
a Francesco Grisi
“Uno scrittore, sostiene Pierfranco Bruni, che ha amato il mare e soprattutto la Calabria. Ha amato la Calabria, ho avuto modo di raccontarlo in due trasmissioni per la Rai, sino a sondarne le viscere e lì continua a vivere. Ma è un discorso altro che è nei luoghi della sua metafisica geografica e spirituale (capitolo tutto da affrontare)”.
Nel 1947 esce Il cielo rosso. Una storia il cui segno politico è preciso. Ma ci sono altri libri che sottolineano il rapporto sempre più profondo, appunto, tra la morte come consapevolezza di definito e la vita come attesa del definire.
Il male oscuro del 1964 segna, comunque, il suo punto di riferimento non solo letterario, ma anche esistenziale. È Il male oscuro che rende Berto scrittore “nuovo” in un contesto in cui il legame letteratura e psicanalisi costituiva un dialogo sempre aperto e discutibile. Ci sono i libri di memoria come quello già citato del 1947 e poi Guerra in camicia nera del 1955. Altri come Il brigante del 1951. Al 1978 appartieneLa gloria in cui c’è un rapporto costante tra Gesù e Giuda. Un libro tutto da rileggeree da rimeditare. La figura di Giuda è centrale.
Del 1966 è La cosa buffa. Un romanzo d’amore che, comunque, non raggiunge quella tensione lirica alla quale lo stesso Berto tendeva. È con Anonimo veneziano che l’incontro tra amore e morte non si fa solo denso di significato tragico, ma è un romanzo che vuole tagliare e dimenticare la disperazione e l’amicizia. Nato come dialogo di un film. Era il 1971.
“Rileggere oggi Giuseppe Berto, cesella Pierfranco Bruni, significa, tra l’altro, percorrere intere stagioni del Novecento letterario italiano. Di quel Novecento mai conformista e mai allineato con le ideologie dominanti. Un Berto che va necessariamente ricontestualizzato e restituito alla letteratura del nostro Novecento”.