Luca Lofranco, già Commissario Cittadino di Torino per Generazione Futuro, ora esponente dell’associazione “LiberaDestra”. Da giovane esponente del centrodestra italiano, quali sono le tue impressioni sullo stato di saluta di questa area politica?
Il centrodestra è a pezzi: non ci sono dubbi. A dimostrarlo è la mappa geopolitica europea: all’interno del primo partito, il PPE, ci sono due forze italiane, una delle quali nella maggioranza del Governo Renzi, l’altra formalmente all’opposizione, sostanzialmente fittiziamente. Regna la confusione, l’improvvisazione, spicca qualche iniziativa, ma il successo è assai lontano. In questi giorni si paventa l’ipotesi di Matteo Salvini nuovo leader. Vorrei analizzare questa possibilità che – a dire il vero – mi terrorizza. La prima considerazione che mi sorge spontanea è se possa essere normale provare a cercare un punto di riferimento, anziché formarlo e crearlo, o ancor prima se possa esserci un rappresentante di una area che esiste idealmente ma che è interamente da ricostruire. Sono particolarmente spaventato ed il solo pensiero che chi nel parlamento europeo si schieri a favore dell’abbattimento della moneta unica o ancor più proponga una incostituzionale uscita dall’Unione Europea caratterizzando la propria politica da una azione xenofoba possa diventare il futuro dell’area politica in cui da sempre mi riconosco, mi fa rabbrividire.
Salvini è riuscito a resuscitare un partito che sembrava destinato a scomparire.
Certamente Salvini ha avuto la capacità di catalizzare l’attenzione di centinaia di migliaia di persone su alcuni temi, sacrosanti, come l’immigrazione: ma mi domando se il centrodestra o ancor più la destra debba essere capace di portare solo persone in piazza o anche di fare un ragionamento. Intendiamoci, la politica si fa con i voti e dunque con il consenso dei cittadini, ma personalmente ritengo che sia necessario recuperare un rapporto fiduciario con l’elettore. Sarebbe opportuno essere intellettualmente onesti nel proporre ciò che si può realizzare, non ciò che si vorrebbe, pertanto preferirei – e non credo di essere il solo – un movimento dove si ragioni, si proponga e non si urli, dove si consideri il disagio, ma che oltre al giusto coinvolgimento non si limiti al mero populismo e si provi a riflettere nelle sedi opportune sapendo quel che si sta per dire e non facendosi deridere.
Qual è il centrodestra che immagini nel futuro?
Il centrodestra che vorrei, che immagino nel futuro prossimo, per la quale mi impegno è la sintesi di un connubio tra pancia e testa: parlare un linguaggio semplice, chiaro, ma che soprattutto anziché parlare provi a fare qualche cosa. È sicuramente un percorso in salita, le difficoltà saranno probabilmente più delle soddisfazioni in un primo momento, ma non posso rassegnarmi all’idea che nel Paese in cui desidero crescere ed impegnarmi, i valori di chi come me si riconosce in una determinata area, siano lasciati in mano a chi, anziché presenziare le sedute del Parlamento in cui è eletto, partecipi a mille talk show o scriva in maniera poco educata su tutti i social network.
Qual è la tua proposta?
Ecco la mia proposta: perché non si prova a superare ogni personalismo, a riflettere sui contenuti comuni, sui valori che da sempre ci contraddistinguono, sulle bandiere che vorremmo alzare e che da soli non riusciamo? Perché non ci si impegna a costruire per davvero una nuova realtà dove all’interno non si litighi per chi mettere in lista, ma ci si accordi per creare scuole politiche per formare la classe dirigente del domani.
Cosa occorre fare, per risollevare il centrodestra?
Bisogna coniugare l’esperienza e la novità; bisogna saper parlare un linguaggio politico – inteso della polis – non di termini forbiti dei quali spesso neanche se ne conosce il significato, e provare a mettersi in gioco con le proprie capacità avendo il coraggio di partecipare alle primarie ad ogni livello. Dobbiamo creare una struttura di persone, non di tessere. Interrogativi che rappresentano il leitmotiv del mio impegno politico, ai quali proverò a dare risposta con azioni sul territorio con tutti gli amici con i quali collaboro perché, sebbene la mia giovane età e la mia fine esperienza, ho in animo esattamente il contrario della rassegnazione. Non mi appartiene l’idea di non potermi sentire a casa! Io sono già a casa mia, pur essendo perfettamente consapevole che non sia necessario solo decorarla, ma ristrutturarla da zero.
Non c’è miglior futuro di quello costruito con le proprie forze, ed allora forza e coraggio, il domani non può che appartenere a chi lo desidera e chi lo sogna ha il dovere di impegnarsi.