Nella seconda metà degli anni Sessanta mi recavo di frequente, in parte per motivi di studio, in parte per altre ragioni a me stesso non ben chiare, dall’Inghilterra al Belgio, a volte solo per un giorno o due, a volte per parecchie settimane. Durante una di quelle puntate in Belgio che – questa era allora la mia impressione – mi portavano in terre sempre molto lontane, capitai anche, in una scintillante giornata di inizio estate, ad Anversa, città che fino a quel momento conoscevo soltanto di nome. Già all’arrivo, mentre sferragliando il treno avanzava lentamente sotto la volta buia della stazione, dopo aver attraversato un viadotto dalle strane torrette a guglia su entrambi i lati, fui subito colto da un senso di malessere che, per tutto il tempo trascorso quella volta in Belgio, non mi avrebbe più abbandonato. Ricordo ancora con quali passi incerti girovagavo in lungo e in largo nel centro della città, per la Jeruzalemstraat, la Nachtegaalstraat, la Pelikaanstraat, la Paradijsstraat, la Immerseelstraat e per molte altre vie e stradine, e come alla fine, tormentato dal mal di testa e dai cattivi pensieri, trovassi rifugio al giardino zoologico situato in Astridplein, nelle immediate vicinanze della stazione centrale. Rimasi lì seduto, finché non mi sentii un po’ meglio, su una panchina in penombra accanto a una voliera in cui svolazzavano numerosi fringuelli e lucherini dal piumaggio variopinto. Verso il tardo pomeriggio feci una passeggiata nel parco e infine entrai a dare un’occhiata al Nocturama, che era stato aperto solo da qualche mese. Ci volle parecchio prima che i miei occhi si abituassero alla semioscurità artificiale e io riuscissi a distinguere i diversi animali che, dietro le vetrate, trascorrevano quella loro vita umbratile, illuminata da uno scialbo chiarore lunare. Non ricordo più con esattezza quali animali io abbia visto quella volta nel Nocturama di Anversa. Probabilmente erano pipistrelli e iaculini, originari dell’Egitto o del deserto dei Gobi, esemplari della fauna locale come istrici, gufi e civette, opossum australiani, martore, ghiri e lemuri, che balzavano da un ramo all’altro, passavano rapidi sul terreno di sabbia giallastra o erano sul punto di sparire in un intrico di bambù. Un ricordo nitido mi è rimasto in fondo solo dell’orsetto lavatore che osservai a lungo mentre, con espressione seria, se ne stava seduto ai bordi d’un rigagnolo, continuando a lavare sempre lo stesso pezzo di mela, quasi sperasse, mediante quell’operazione che andava ben al di là di ogni ragionevole scrupolo, di poter evadere dal mondo illusorio in cui era capitato senza, per così dire, il suo personale intervento. Per il resto, degli animali alloggiati nel Nocturama, ricordo soltanto che alcuni avevano occhi straordinariamente grandi e quello sguardo fisso e indagatore, riscontrabile anche in certi pittori e filosofi i quali, per mezzo della pura intuizione e del puro pensiero, cercano di penetrare l’oscurità in cui siamo immersi.
…W.G. Seebald, da Austerlitz.
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