Vi siete mai chiesti cosa diavolo ci sia nella valigetta di Marsellus Wallace, il boss malavitoso di Pulp Fiction interpretato da Ving Rhames? Io, con tutta sincerità, all'epoca mi scervellai non poco per tirare a indovinare sull'abbagliante contenuto della valigetta, che Vincent Vega e Jules Winnfield (alias John Travolta e Samuel L. Jackson, ormai lo sappiamo tutti...) sono incaricati di recuperare. Si poteva e si può tutt'ora provare a buttar lì solo ipotesi, che intanto, nel corso degli anni, hanno contribuito ad alimentare le discussioni sul web e tra i cinefili. E così io mi sono fatto le mie idee. Il tempo invece ha fatto il suo corso e la storia della valigetta si è man mano allontanata dai miei pensieri, rinverdita solo a ogni nuova visione del film. Poi, nel 2003, cominciai a frequentare un corso di sceneggiatura cinematografica presso la Scuola Nazionale di Cinema Indipendente di Firenze. L'insegnante era Antonio Bruschini, critico, scrittore, collaboratore di numerose riviste e straordinario conoscitore di cinema. Fu lui un giorno a dirmi cosa ci fosse nella dannata valigetta. Lo aveva appreso a qualche festival del cinema, non ricordo se per vie traverse o da Tarantino in persona. La cosa comunque mi sorprese un bel po', anche perché non avevo mai pensato a una soluzione del genere. Detto questo, lascio un attimo da parte il mistero di Pulp Fiction e arrivo all'infelice presente.
Un paio di mesi fa apprendo della scomparsa improvvisa di Antonio Bruschini, a causa di una malattia incurabile. Aveva solo 55 anni.
Faccio una piccola premessa. Francamente non credo che Bruschini, discreto e riservato com'era, ci tenesse più di tanto a essere celebrato per quanto avesse fatto in vita. Ma ci tengo a ricordarlo come l'ho conosciuto io, perché mai più di questa volta, quando ho saputo la notizia, mi sono ripetuto in mente quella sfruttatissima frase: "Sono sempre i migliori che se ne vanno". È la verità, lo dico senza retorica. Antonio Bruschini era un uomo con una cultura immensa, e non solo cinematografica. Sapeva utilizzare sempre la parola giusta, e non mancava di spirito. Aveva una memoria incredibile, di quelle che non puoi che ammirare in silenzio. E quanti aneddoti conosceva sul cinema. Tra una lezione e l'altra, elargiva qualche curiosità su registi e attori, stupiva o faceva sorridere raccontando episodi poco conosciuti sulle stagioni d'oro della commedia sexy all'italiana, degli spaghetti western, e del cinema di genere. Per esempio, gli espedienti utilizzati da maestri come Mario Bava, glorioso regista e antesignano di certi effetti speciali. Oppure le peripezie di Lucio Fulci per arrangiarsi a girare nuovi film col ristretto badget che aveva a disposizione. E poi tutti i retroscena dei western all'italiana, da attori stranieri fatti venire apposta dall'altra parte del mondo e mai pagati a figure tecniche improvvisate o rimediate all'ultimo momento.
Soprattutto di cinema di genere, Bruschini era un cultore assoluto. Credo sia stato proprio lui, fra l'altro, ad attaccarmi la bizzarra mania che mi costringeva a vederli uno dopo l'altro, senza riposo alcuno. Ma le sue conoscenze non si fermavano certo lì. La sua era una competenza ad ampio raggio, che investiva tutta la storia del cinema, dagli esordi all'attualità. Introduceva poi, con una professionalità unica, i film che venivano proiettati e gli incontri organizzati. Tra quest'ultimi, ricordo particolarmente quelli con Dario Argento, con Giulio Questi (un audace e anziano regista, attore e sceneggiatore che grazie a Bruschini ho scoperto con piacere) e con Pupi Avati, che per Bruschini scrisse la prefazione diOperazione paura, volume sui registi del gotico italiano.
Tra i molti libri pubblicati da Antonio Bruschini (quasi tutti scritti insieme ad Antonio Tentori), Profonde Tenebre, Horror all'italiana 1957 - 1979, Western all'italiana, Italia a mano armata - Guida al cinema poliziesco italiano, Città violente (1 e 2), Guida al cinema giallo e thrilling - Made in Italy, Lucio Fulci - Il poeta della crudeltà, ma anche Malizie perverse - Il cinema erotico italiano.
Comunque, tornando alla questione della valigetta di Pulp Fiction, ecco... Ho cambiato idea. Mi sa che non lo dico cosa c'è dentro. Ora qualcuno mi accuserà di aver utilizzato lo stesso espediente di Tarantino, il cosiddetto “MacGuffin” (vedi Hitchcock, per questo termine), per mantenere viva l'attenzione, ma tanto le ipotesi sul contenuto della valigetta proseguono a circolare. Nel frattempo avete conosciuto Antonio Bruschini. E io continuo a tenermi per me ciò che mi disse.
Media: Scegli un punteggio12345 Il tuo voto: Nessuno Media: 4.7 (3 voti)