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Un oscuro scrutare – Philip K. Dick

Creato il 02 settembre 2012 da Maxscorda @MaxScorda

2 settembre 2012 Lascia un commento

Un oscuro scrutare
E’ mia tradizione estiva leggere o rileggere qualcosa di Dick e stavolta la scelta e’ caduta su "A scanner darkly" tenuto a riposare a lungo per via che il Dick anni ’70 non sia di massima il mio preferito. Si e’ messo poi in mezzo il film omonimo di Richard Linklater cosi’ fedele al soggetto originale che mantiene l’impronta caratteristica del romanzo facendo della lettura una riproduzione e non un’alternativa.
Dick tento’ di vendere il libro non come fantascienza malgrado l’ambientazione sia spostata nel 1994 e l’anno di pubblicazione il 1977, praticamente il suo penultimo libro considerando la trilogia di Valis come unica entita’.
Libro autobiografico certo, esperienze lisergiche dal suo periodo da tossico conclamato, al punto cioe’ di preferire una sfera d’esistenza, una filosofia di vita che nella droga e nell’inevitabile conclusione, trova comunque piu’ motivazioni che nel vivere quotidiano.
Romanzo di doppi e di scelte, Bob Arctor agente infiltrato della narcotici, recita il ruolo di tossico per inserirsi nel giro e sgominare il traffico crescente di stupefacenti e con l’idea di arrivare sempre piu’ in alto, s’immerge nel fondo della catena di spaccio per risalire la vetta ma qualcosa a poco a poco lo ingloba e lo assorbe, la dipendenza non si ferma alla droga ma si espande verso una scelta verso un futuro incerto comunque preferibile a cio’ che in fondo e’ troppo delineato e infine la separazione da se stessi, scissione che va oltre il disturbo bipolare sfociando invece in una divisione piu’ filosofica che psicologica, non perdersi ma ritrovarsi due volte nell’essenza dell’esistere e contemporaneamente nel proprio riflesso fino al sublime sorprendete finale.
No, non e’ fantascienza, e’ un viaggio nella psiche dello scrittore, nel suo diario intimo, racconto di una scelta che diviene vittoria in quanto scelta consapevole, colma di rammarico per gli amici perduti come fossero martiri di una guerra combattuta contro l’ordinario quotidiano, guerra come condizione, non necessita’ o almeno non e’ tale per chi non sente il bisogno di parteciparvi.
Questo non e’ il Dick che preferisco per quanto sappia distinguersi dal drogato perdente e complottista incapace di accettare la propria debolezza e la propria miseria. C’e’ la confessione, persino la richiesta di perdono ma senza pentimento resta la profonda tristezza dell’irreparabile sua scomparsa per quanto nel finale il lirismo svetta verso il poetico, la tristezza sostituisce l’accusa perche’ oltre le colpe, oltre le cause e gli effetti, sul terreno restano gli uomini e per chi non c’e’ la morte,  volte la vita non e’ il meglio sperabile.
Dick scrittore e’ da altre parti, qui abita l’uomo con l’onesta’ che paga la sconfitta e la vittoria del raccontarle.


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