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Dal giorno della cattura da parte della milizia della tribù Zintan, Saif al Islam Gheddafi è detenuto in regime di segregazione; è possibile che abbia una limitata libertà di movimento nella località di detenzione, ma con l’impossibilità di comunicare sia con i mezzi d’informazione che con i difensori nei vari processi pendenti. L’ultima sua apparizione pubblica verificata risale al giugno 2014.
Vogliono Saif la Corte Penale Internazionale per processarlo per “crimini contro l’umanità” il governo di Tripoli che rigetta le accuse di inabilità a un giusto processo, mentre fisicamente é la città di Zintan che lo detiene e processa per attentato allo stato, insieme all’avvocato Melinda Taylor della Corte Penale Internazionale.
Gli imputati nel processo di Tripoli iniziato nel marzo 2014 erano 38; sono state emanate 32 condanne, di cui nove con esecuzione capitale per fucilazione; le restanti condanne consistono in pene detentive dai nove anni all’ergastolo. Insieme a Saif, gli imputati eccellenti da fucilare sono l’ex capo dei servizi segreti Abdullah Sanussi, due ex primi ministri, al-Baghdadi al-Mahmoudi e Abuzaid Dorda. Come si vede dall’elenco qui a fianco, fra i condannati a morte c’è Mansour Daw, capo dei bodyguard di Muhammar Gheddafi, presente e sopravvissuto alla cattura e uccisione del rais, e ampiamente sfruttato dai media per accreditare la versione di un’estemporanea uscita di Gheddafi da Sirte. (qui tutti gli articoli su Daw , personaggio che detiene la chiave dei molti misteri sulla fine di Muhammar Gheddafi)
Teoricamente, l’ordinamento libico rende possibile ricorrere alla Corte Suprema.
Ipoteticamente questa, rivalutando prove testimonianze e rispetto delle procedure, potrebbe rovesciare il verdetto.
Se di Saif mancano completamente notizie, per gli altri imputati detenuti nelle carceri di Tripoli sono note torture e negazione delle cure mediche.
“Questo procedimento ha ricevuto varie volte attendibili accuse di violazione delle regole del giusto processo che garantiscono un controllo giurisdizionale indipendente e imparziale” afferma Joe Stork, vice direttore per il Medio Oriente e Nord Africa di Human Rights Watch. “Le vittime dei gravi crimini commessi durante il 2011 meritano giustizia, ma può essere ottenuta solo attraverso procedure eque e trasparenti.”
Saif al Islam Gheddafi in questa fase della situazione libica è una pedina nella guerra fra i due governi che si contendono la Libia.
Misurata, asse portante della milizia Libia Dawn che sostiene il governo di Tripoli, è stata la più feroce ala rivoluzionaria anti-Gheddafi.
Zentan, storica rivale di Misurata, è ora in alleanza con le milizie del generale Khalifa Haftar, che fornisce l’ala militare al governo di Tobruk.
La detenzione irregolare di Saif – ostaggio di una tribù – il processo farsa, la possibilità di un processo d’appello, l’applicazione o meno della pena capitale fanno e faranno parte della complessa trattativa che l’Onu sta conducendo per far firmare un’intesa ai contendenti.
Nonostante le dichiarazioni alla stampa, tale intesa non era stata firmata dai rappresentati del governo di Tripoli,
Che la vita di Saif e degli altri condannati sia nelle mani dell’Onu lo conferma l’appello che John Jones della Doughty Street Chambers, organizzazione internazionale di avvocati con sede a Londra, ha rivolto nell’imminenza della pubblicazione della sentenza all’inviato Onu Bernardino Leon, chiedendo di intervenire sia sulla detenzione illegale di Saif sia sull’interruzione del processo farsa.
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