Per i non addetti ai lavori, Crif è una sorta di “libro nero” in cui finiscono i cattivi pagatori. Non è però una condanna per l’eternità, finire segnalati in questa banca dati: i tempi di permanenza dei dati creditizi in Eurisc parlano infatti di 12 mesi per i “ritardi di pagamento di entità pari o inferiore a 2 rate/mesi”, di 24 mesi in caso di “ritardi di pagamento di entità pari o superiori a 3 rate/mesi”.
Ma c’è un “però”. Quando banche e società finanziarie accedono a Crif per decidere se accordare o meno un prestito al cliente, possono verificare non solo i dati creditizi, ma anche eventuali dati riportati negli Uffici di Pubblicità Immobiliare (ex Conservatorie). E qui c’è la sorpresa.
Prendo ad esempio l’ultimo caso concreto che mi è capitato nello svolgimento della mia attività: cliente che nel 2006 subisce un’ipoteca legale e successivamente rimette le cose a posto (debiti compresi). La Conservatoria registra tutto, com’è ovvio che sia, compresa la la nota di “Annotamento-Cancellazione Totale”, vale a dire conferma che tutto è stato risolto e che ora il cliente è pulito. Meno ovvio invece che Crif, a distanza di così tanti anni, continui a ripetere “a pappagallo” ciò che legge presso i Registri di Pubblicità Immobiliare e di conseguenza a penalizzare eventuali nuove richieste di credito dello stesso cliente.
Per completezza di informazioni, aggiungo che un’altra banca dati denominata Cerved (anch’essa utilizzata dagli istituti di credito come fonte di informazioni sui clienti) fa invece una scelta differente rispetto a Crif, cioè non mostra eventi di Conservatoria annotati di cancellazione decorsi 5 anni dalla data di iscrizione. Scelta a mio avviso sacrosanta, visto che in Italia, dopo 5 anni, si cancellano addirittura i protesti. I pignoramenti no, quelli sono per sempre, come i noti diamanti De Beers.