Sopraffatto dal caldo di agosto, a scrivere qualcosa di serio proprio non ce la faccio. Potrei scrivere post brevi e idioti (this, I like) o potrei recensire le sfihahhaahahahahahahahahahhahahaahahahahahah, come non detto, vada per la prima.
Navigando un po' sul web (che ormai è l'unica cosa che faccio - vivo come un vegetale)ho trovato qualche spunto interessante per parlare di comunicazione.
Nella fattispecie, di quella di Alexander Wang. Il giovane stilista americano, che pare sia una macchina a soldi, ha una comunicazione fresca, alla mano, decisamente lontano dal genere "scopo come un riccio" (ogni volta che sento questo detto mi pongo domande sulle abitudini sessuali di questi apparentemente innocenti animaletti, ndr.) degli ads di Gucci, o dall' "io posso comprarmi una canotta in visone e voi no" del 90% degli altri brand.
Wang, invece, mette nei suoi ads della sana comicità (come fa Elbaz per Lanvin). Gli stessi clienti della label, poi, sono protagonisti dei video che vedrete ora.
Il primo, realizzato per la SS 2013, è ambientato nel negozio di T by Alexander Wang a New York. La commessa, appena assunta, è Bon Qui Qui, un personaggio della comica Anjelah Johnson che ricorda un po' il Jonny Groove di Giovanni Vernia. Bon è nera, tamarra, così stereotipata e terribilmente poco politically correct. Parla in un improponibile accento di qualche posto laggiù negli States, ed è così terribilmente svogliata da inventarsi di tutto per far scappare i clienti, che sono tutti personaggi abbastanza noti del jet-set internazionale (e a me, naturalmente, non dicono proprio niente).
ma quant'è pheego il negozio? Anch' io voglio l'amaca di pelo!Rome, in August, can be unbearable. Writing something also vaguely serious, too. So I'm gonna review the shows in Paris for the upcoming FW season.
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Ok, I was joking. Let's do something lighter, such as writing short and senseless posts (this, I like more).
Surfing on the net (that's my unique occupation 24/7), I found a few interesting things about communication and advertisings that could be nice to share with you. Precisely, I'm gonna talk about the young American designer Alexander Wang, who's considered to be a "money machine", as we say in Italian.
Most fashion houses have similar kinds of advertising: they can scream "Hey, I have sadomasochist sex every day"! (such as Gucci), be nonsense or just sayin' "Look at me, I can afford a Klein blue mink tank top and you can't".
Wang, on the other hand, is totally different. His ads are fresh and hilarious, such as those by Lanvin, and his customers alway play an important role in his videos.
The first one I found, realized for SS 2013, is set in T by Alexander Wang shop in NY. The main character is Bon Qui Qui. For those ignorant who didn't know anything about her existence before reading this post (such as me, for example), she was born from the fantasy of the American comedienne Anjelah Johnson. Bon is coloured and rustic: a perfect stereotype, and definitely NOT politically correct. She speaks in a horrible accent from somewhere in the USA, and she's a very unwilling sale assisant (she remembers me some I met in my short but intense shopaholic life) at Wang's store. You can enjoy the video just abovis English text! ;)
Il secondo video, realizzato stavolta per questa stagione invernale, per farla semplice, pone una riflessione sul rapporto che noi compratori di oggetti di marca abbiamo con la moda (ma qualcosa di simile avviene con la tecnologia).
Divertente se realizzato con attori, quasi inquietante se è roba vera.
Interessante anche notare come, nei sempre più diffusi video delle case di moda, il prodotto sembra passare in secondo piano. L'importante è colpire il cliente (e nulla sembra piacere di più, a chi abbraccia questa forma di comunicazione, che un po' di sana autoironia) e sottolineare la propria brand identity.
The second video has been realized for this FW '13-14 season. It stimulates a reflection about the relationship between us-customers- and fashion (something similar happens with technology, too). It is funny, if realized with actor, a bit worring if those are real people.
It is also interesting to see how, in fashion videos, it is not important to show a maison's products, but rather, and more generally, to strength its brand identity.Il post di oggi, è una breve riflessione su come invecchiare non penalizzi necessariamente gli stilisti: basta pensare ad Armani, Lagerfeld... ma sarà vero?
Today's suggested article is a very short reflection about how aging doesn't necessary penalize designers' talent. Just thing to Armani, who's almost 80, or Lagerfeld. But is it 100% true?
AnotherMag: Fashion Designers Over the Age of 70