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Un pò donna, un pò mamma, un pò mucca

Da Mammachevita @mammachevita_g

Un pò donna, un pò mamma, un pò mucca

Il ciclo della vita di una donna è pieno di fasi e sfumature. Le certezze sono che si passa dall'essere una neonata, all'essere bambina; dall'essere un'adolescente, all'essere una ragazza; dall'essere una donna all'essere, forse, una mamma. Si perché non tutte le donne hanno desiderio di maternità e non per questo vanno condannate.
Ognuna di noi, indistintamente, ha la sua visione della vita il suo modo di realizzare i suoi sogni per sentirsi completa e non sempre questo implica voler metter su famiglia. Magari basta un cane, la convivenza e delle volte nemmeno quella.

Io ad esempio non ho sempre desiderato essere madre anzi, a dire il vero mi ci sono trovata dentro con la stessa velocità di un lampo. Non che non ci avessi mai pensato, una famiglia tutta mia l'avevo sempre desiderata, ma non sapevo quando, non sapevo "come", non sapevo dove... era un mondo sulla quale non mi ero fermata a riflettere più di 5 minuti alla volta e quelle volte erano molto rare. Poi è arrivato il primo test positivo, il secondo, il terzo (si dai mi ero convinta) e dalla donna lavoratrice che ero sono diventata una mamma con una rapidità da faticare a connettere.

Nove mesi ad immaginarlo, sentirlo e attenderlo e dopo il primo sguardo diventammo mamma e figlio. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Ricordo ancora la paura di sbagliare quando me lo portarono nella stanza un'ora dopo aver partorito e mi dissero: " signora, il prima possibile, quando si sente pronta può attaccarlo al seno". Mi sentii tremare le gambe.

Sarei stata in grado? Sarei riuscita a dargli quello di cui aveva bisogno? E se il mio latte non fosse andato bene? Se non gli fosse bastato? Ma soprattutto... se non fosse arrivato? Cesare dormiva così profondamente che io avevo la sensazione di invadere uno spazio non mio, di essere quasi di troppo. Ricordo di non aver provato da subito quel legame indissolubile di cui avevo tanto sentito parlare e non lo svegliai, rimasi lì a fissarlo e a studiare quell'esserino che per 38 settimane era cresciuto dentro di me e, adesso, era reale. Solo dopo un paio di ore ci fu un piccolo gemito e io, con una naturalezza che non mi apparteneva lo attaccai al seno e, da li, iniziò la nostra e mia bellissima avventura sull'allattamento.

Lo ammetto, l'inizio non fu affatto rose e fiori come avevo immaginato. In un primo momento fu una cosa "strana", un bimbo attaccato al seno che si nutre di te e lo osservi mentre cerca la tua pelle e il tuo respiro protetto dalle tue braccia, fu dolcissimo, ma pur sempre strano. Superato il primo approccio e capito il meccanismo arrivarono i momenti più difficili perché Cesare non era un bimbo che mangiava spesso, ma mangiava a lungo e anche questo suo continuo ciucciare mi portò ad avere le ragadi, sintomo normale per chi inizia ad allattare.
Ricordo il dolore, il bruciore della pelle tra le ferite, ricordo ogni succhiata come se mi stessero uccidendo, ma ebbi cura del mio corpo, strinsi i denti e nel giro di qualche giorno questa sofferenza fu solo un brutto ricordo.

In questo caso anche le ostetriche di turno mi aiutarono tantissimo a migliorare l'attacco del mio bimbo trovando la posizione a lui e a noi più congeniale. Ricordo come se fosse successo oggi che faticavo ad attaccarlo al seno destro e già dal secondo giorno imparai ad allattare sdraiata. La posizione della testa, il mio modo di avvicinarmi a lui, come avvolgerlo senza "soffocarlo". Imparai tutto piano piano e il sostegno di figure professionali come le ostetriche mi aiutò molto. Così come fu preziosissimo il sostegno di mia mamma che assistette entrambi per tutte le notti d'ospedale senza mai lamentarsi, senza mai scoraggiarsi. Anche lei fu la mia forza, delle volte mi fermo a pensare che forse da sola non ce l'avrei fatta.

Le ragadi infatti comparivano perché il bambino non si attaccava bene al seno, e probabilmente, in questo caso era vero.
Dopo aver superato il dolore, i miei migliori alleati erano diventati la crema per le ragadi, le coppette assorbilatte usa e getta e le salviette igienizzanti per il seno.

Ebbi lo stesso problema con Vincy, ma questa volta ad allattamento avviato. Si attaccava male, succhiava con voracità (e questo lo faceva staccare spesso peggiorando ulteriormente la situazione) e intorno al suo quarto mese di vita mi ritornarono le ragadi, dopo averle avute all'inizio anche se questa volta solo per un paio di giorni. Mi consultai con il pediatra e la ginecologa e lessi moltissime informazioni in merito sul web iniziando a studiare il comportamento di mio figlio.

Si attaccava male perché non avvolgeva tutto il capezzolo con la bocca. Questo lo portava non solo a "farmi male" ma a sfavorire il suo allattamento. Non attaccandosi correttamente ingurgitava molta aria, e spesso si staccava perché doveva fare il ruttino (anche se in realtà più che battiti d'ali di farfalla erano veri e propri tornado), diventò così una situazione di stallo come il cane che si morde la coda: fame, suzione vigorosa e sbagliata, aria, pianto, ruttino, fame, ecc...

Non riusciva a saziarsi bene, non riusciva a mangiare in modo corretto e continuando a sbagliare i problemi si susseguivano.
Ma il solo pensiero di non poter allattare il mio bimbo mi diede la forza di perseverare nel cercare e trovare la pazienza di comprenderlo.
Non avevo mai pensato infatti di dare del latte artificiale ai miei bimbi, ho sempre desiderato che non facesse parte della loro alimentazione e ho lottato per questo. Scoprire dopo qualche mese di avere un problema di produzione con Vincenzo è stato uno shock.

Era un periodo di stress e stanchezza e il mio corpo ne aveva risentito. Al suo quarto mese di vita però abbiamo dovuto sostituire una sola poppata, quella della sera. Era il momento della giornata in cui non riuscivo a soddisfare il mio bambino e dovetti arrendermi all'evidenza.
La mia resa fu dura da ammettere. Ci volle tempo e tanto conforto da parte del mio compagno e del mio pediatra. Ma questo mi diede la forza per riprendere in mano ciò che era mio e quello che desideravo davvero: metter via il biberon e riprendere con l'allattamento esclusivo. Il mio impegno è stato importante, ma fondamentale è stata la presenza della mia assistente all'allattamento, una figura che mi ha aiutato tantissimo a credere in me, che mi ha incoraggiato e sostenuto sia psicologicamente che moralmente con parole dolci, e so che se non ce l'avessi fatta lei mi sarebbe stata vicino comunque, mi avrebbe compresa.
Trovare supporto dalle persone che ci amano è fondamentale per vivere l'allattamento con più forza e serenità.

E ancora oggi, nonostante Vincy abbia già nove mesi la sensazione della montata lattea la avverto ancora come se fosse la prima volta. Delle volte mi è parso di avere così tanto latte da fargli usare il mio seno come ciuccio (sempre con molta approvazione da parte sua) per svuotarmi più velocemente e meglio ma, come si sa, più ciucci e più latte arriva...

Devo anche ammettere che lo stesso ciuccio alla quale avevo dichiarato guerra già durante la mia prima gravidanza " mio figlio il ciuccio non lo userà mai, è un vizio che non gli voglio dare " mi ha salvato in molte situazioni. Una volta che l'allattamento si era ben avviato con entrambi ho utilizzato il ciuccio per evitare di diventarlo io.

Un pò donna, un pò mamma, un pò mucca

Trovo che l'allattamento sia un'esperienza bellissima ma bisogna anche sentirla, volerla, desiderarla e farne parte integrante di uno stila di vita per se e per i propri figli. Trovare il corretto equilibrio tra quello che si vuole e quello che è giusto senza forzature ed esagerazioni.

Considero l'allattamento un piacere, un onore, per me allattare è condividere amore, per me è stato ed è tutto questo anche se, delle volte, nonostante le poppate tendano a diminuire causa svezzamento, non ho perso quella bella e dolce sensazione che mi fa sentire ancora un po' mucca.

Un pò donna, un pò mamma, un pò mucca
Questo post fa parte di un percorso sponsorizzato da Chicco per raccontare le esperienze e le emozioni delle mamme in questo importante momento.

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