*Francoforte sul Meno, 24.01.12, h. 23:05*
Vi scrivo seduto al tavolo della sala da pranzo. Nonostante siano solo le undici, in casa dormono tutti, dato che siamo appena tornati da un film abbastanza impegnativo al cinema (la versione cinematografica de "La banalità del male" di Hannah Arendt). Ma io, inguaribile nottambulo, ancora non ho sonno e, piuttosto che deambulare (o nottambulare) in giro per casa preferisco scrivervi queste poche righe, sorseggiando birra e sgranocchiando qualche noce. Fuori dal balcone ogni tanto viene giù qualche pezzo di neve e con un tonfo sordo si schianta per terra su altra neve. In lontananza un cane abbaia, cercando qualcuno o qualcosa.
Questa sarà la mia ultima settimana a Francoforte sul Meno, prima di ritornare a Mainz. Lavoro da novembre per un'impresa specializzata in intermediazione e consulenza aziendale; ho dato il mio contributo per lo sviluppo di un nuovo progetto, nonostante i miei rigorosi studi giuridici purtroppo lascino poco spazio all'inventiva. Ho conosciuto molte persone, cercando di carpirne il meglio che potessero trasmettermi; ho appreso che non esiste una sola strada da percorrere, classica e predeterminata, ma ce ne sono diverse da costruire e asfaltare e, perché no, provare a inventare. Ho imparato che, se ci si impegna, *qui* si può arrivare veramente dovunque. Ho appreso il reale valore e sudore dell'iniziativa economica privata, il far nascere, creare e sviluppare qualcosa dal nulla, il sapersi reinventare nei casi di necessità, il saper sempre trovare una soluzione nel momento del bisogno.
Ho assimilato sino in fondo l'arte tutta italiana dell'arrangiarsi, del parlare, convincere, contrattare, saper condividere.
Vivo qui da quasi quattro mesi, ospite di una famiglia italo-tedesca gentilissima e simpaticissima, in una casa aperta e solare dove ospiti e amici vanno e vengono e dove - aspetto per me da non sottovalutare - si mangia da Dio. Ho imparato a conoscere persone e abitudini della città, dipinta spesso in maniera grigia e chirurgica a causa dell'ombra della BCE che vi sovrasta, senza che spesso ne siano notati gli aspetti umani e rassicuranti. Ho imparato che non importa chi sei e da dove vieni, di chi sei figlio e come ti vesti, qui ti viene sempre data la possibilità di sentirti a casa e di dare il meglio. Ho imparato che non esiste una famiglia "modello", che esistono famiglie di studenti/genitori che crescono i figli da soli, di coppie che si innamorano a cinquanta anni e si separano a settanta; ho imparato che, come in Italia ci sono persone che potresti definire italiane in tutto e per tutto, tranne che sulla carta, qui vi sono Italiani che di italiano hanno solo il passaporto, ma che, impegnandosi, sono riusciti a imparare l'italiano passando attraverso il dialetto, unica
lingua parlata dai genitori, e il tedesco, unica lingua parlata dagli amici. Ho imparato che ciò che veramente conta è il volersi bene.
Mi viene chiesto spesso, anche se non direttamente, se dovevo per forza venire in Germania per imparare tutto ciò. Imprese, studi legali, famiglie, feste, corsi di salsa, corsi di tedesco e tante altre cose che ho trovato qui, avrei potuto trovarle anche a Roma, su questo non ci piove. Sapete cos'è? Avevo bisogno di ripartire da zero, di liberarmi di ciò con cui sono cresciuto. Adesso, non fraintendetemi, i valori che mi hanno
insegnato e con cui sono stato tirato su me li porto sempre dentro, così come gli amici di sempre, i familiari, le cose che ho imparato a scuola; di questi stessi valori ho trovato qui in Germania la conferma e, se possibile, un rinforzo, gli amici di sempre li vedo, nel bene e nel male, ormai con altri occhi, la mia famiglia so che è sempre lì, ma so che ne potrei (e a volte vorrei) tranquillamente farne a meno; ma avevo bisogno di fare diversamente, di vedere se avrei trovato anche altrove un ambiente in cui sarei potuto davvero crescere, avrei potuto veramente vivere, sarei potuto essere felice sul serio; interrogativo, la cui risposta non sarebbe stata per niente scontata. Ma adesso, caspita se lo è.
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