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Un post senza foto. Parole per raccontare il brutto dei viaggi.

Creato il 14 luglio 2014 da Paola Annoni @scusateiovado

Oggi è una brutta giornata. Iniziata male e finita peggio per motivi che è meglio non spiegare. E quindi scrivo, anche se dovrei fare lavori molto più importanti prima di partire… Ma almeno mi rilasso e mi calmo, sciogliendo le dita su una tastiera che finalmente è la mia (santo subito il mio brother in law che aggiusta i pc)… Ma l’umore è un po’ quello che è ed è il momento giusto per parlare di una cosa che penso da tempo e che merita un po’ più di due righe. Il nero dei viaggi, ovvero quel  lato delle esperienze di cui difficilmente parliamo, o che cerchiamo di minimizzare… Ma quando viaggi tanto… Beh, devi imparare a fare i conti con tutto quello di brutto che capita. Ecco quindi la mia personale classifica delle cose che “sucks” in viaggio, le 5 cose che sei disposto a sopportare, quelle che ti abitui a tollerare ed a metabolizzare, quelle di cui i viaggiatori non parlano, o lo fanno poco. Perché quelli che raccontano “dei bimbi poveri” sono quelli che li hanno visti poco e che non hanno camminato per giorni in certe realtà. Che sono crude e violente per l’anima, ma che esistano con o senza la tua presenza che scatta foto.

O meglio. Il post che una madre con una figlia che viaggia non dovrebbe mai leggere.

1. POVERTA’. Sempre e ovunque, ma quando ti trovi in India gente scheletrica e deforme che ti si attacca ai pantaloni implorando cibo i sensi di colpa per essere una sporca occidentale con una canon al collo e calzini puliti ogni giorno diventano così grandi da divorarti. Se ne aiuti uno te ne trovi intorno cento. Se compri qualcosa a qualcuno te ne trovi mille. E allora non aiuti nessuno e ti senti ancora più di merda. Siamo impreparati,  e quindi sempre più freddi. Non sono mai stata molto in grado di gestire la situazione.

2. BAMBINI. Fanno tenerezza con quegli occhioni, ti spaccano il cuore , gli compri qualcosa (che poi di regola finisce nelle tasche di genitori e parenti senza scrupoli). E ti dicono di non dargli nulla perché se no li abitui alla carità, e poi ti scappa che gli dai dei dolcetti e li mangiano come se morissero di fame. E quindi combatti tra quel che è giusto e quello che ti dice il cuore. In poltiglia, perchè gli occhi dei bambini (soprattutto quelli che non possono esserlo davvero) ti macellano l’anima.

3. FURTI E TRUFFE. Tu turista in tanti paesi  sei bersaglio degli occhi sbagliato. Poi quando ti capita che ti fregano la macchina fotografica che ti sei sudata con mesi di risparmi di un lavoro di merda in un paese evoluto come gli States, pensi alla globalizzazione, al “tutto il mondo è paese” a “ma gli sceriffi dei telefilm esistono davvero” e che una six pack di Bud Light non allevierà le tue pene. E poi fai pace, e pensi che sono cose che possono succedere e che devi accettare che sono solo oggetti. Che ti brucia da morire ma pensi che potevano investirti e il tuo piede era più importante di un telefono lasciato su un taxi a BKK (riferimenti a cose e persone sono puramente casuali). Ma quando vedi qualcuno con una 50D al collo, lo guarderai sempre con sospetto, perché potrebbe essere tua.

4. CONDIZIONI DEGLI ANIMALI. Volevo dedicarci un intero post, perché lo zoo di Yangon lo meriterebbe. E’ terribile. Sono quasi sicura che gli animali mangino solo quello che i turisti pagano per dargli e non ho mai visto elefanti o scimmie così tristi. Già non è bello, poi, quando sono tenuti in certe condizioni… Ma cosa puoi fare? Comprare un casco di banane e darglielo? E domani? Per non parlare di tutti gli animali per strada. Tra cani e gatti avrei potuto portare a casa un aereo di bestiole bisognose d’amore. Bisogna informarsi, sensibilizzare le persone, schierarsi. E poi? Come si agisce?

5. RISCHI GENERICI. Sali su autobus notturni che attraversano le strade della Thailandia di notte con driver stanchi, assaggi cibo per strada dalle mani dei locals, dormi in letti che potrebbero essere infestati da bed bugs,  prendi aerei che ti chiedi come possano stare su di compagnie aeree dai nomi impronunciabili. E lo fai, lo fai perché se sei in viaggio balli, perché la voglia di viaggiare è così tanta che la sfiga diventa avventura e il rischio di farti del male, passare il resto della vacanza seduto sul water o di beccarti un’ustione diventano parte del gioco, una sfida che ti senti di affrontare solo perché hai quello zaino sulle spalle, quello che ti si è rotto in Birmania e che tua sorella ha aggiustato per la partenza verso la Costa Rica, perché se sei religioso pensi ad un santo che ti protegga, perché se non lo sei, ad entrare in così tanti templi pensi che Buddha un po’ di abbia preso in simpatia. Ed i rischi te li prendi.


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