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Il "tappo" del Pozzo sacro Milis
in una foto del sito Sardegnainforma
di Vittorio Sella
Caro Gianfranco, chiedo ospitalità al tuo blog per
portare all'attenzione le condizioni di incuria e di totale abbandono di un
Pozzo sacro di inestimabile valore, come lo sono tutti i monumenti che
testimoniano il culto delle acque della civiltà nuragica. E' quanto mi è stato
possibile verificare a malincuore durante una recente passeggiata per visitare
i luoghi che hanno il fascino di portarci indietro nel tempo, lontano dalle
ferite impresse alle terre di mare.
Ma quel fascino è stato brutalmente
frantumato quando la mia comitiva ha fatto tappa al Pozzo Sacro di Milis a
Golfo Aranci. Nel cuore della stazione
ferroviaria in disarmo da tempo, il tempio, seminascosto da un canneto, è
parzialmente violato in passato dai binari della ferrovia che ha tagliato e
coperto il cortile originario dove si
raccoglievano i pellegrini dei villaggi vicini e coloro che giungevano da
lontano per praticare il culto delle acque. L'apice del degrado e dell'aggressione
è balzato agli occhi con la constatazione che l'apertura a tholos è chiusa da una copertura quadrata
in ferro, preda della ruggine. La sorpresa
non è finita con questa violazione: sotto il tappo, poggiato su una
vaschetta di cemento, è presente un'autoclave evidentemente installato per
aspirare l'acqua con un tubo di scarico
che fuoriesce tra il coperchio e il manufatto, alterando in questo modo uno
degli elementi significativi dei templi a pozzo.
Il punto di sorgente dell'acqua è
ancora raggiungibile da una lunga scala rettilinea che digrada in perfetta
sintonia geometrica con una volta realizzata in lastre di granito. Al rientro
da questo luogo della memoria ferita,
gli interrogativi sono stati
tanti e chiamano in causa coloro che per istituzione hanno il compito di
vigilare e difendere i beni culturali della Gallura. Raggiungere il Pozzo sacro
di Milis, anche se sopravvive a poche decine di metri dal mare nel centro di
Golfo Aranci, non è stato facile: è assente
una segnalazione adeguata e rispettosa di chi ama visitare i monumenti
della nostra civiltà. Bastano pochi soldi per installare alcuni cartelli guida,
togliere le erbacce e ridurre il volume del canneto che oscura questo esemplare
di architettura nuragica. Che non può essere ridotto in agonia ad emblema di
una condizione di rovina in cui versano molte testimonianze del nostro cammino
culturale.
Una dettagliata inchiesta
giornalistica, protagonisti stampa scritta e radio-tv, che dia voce a tutti i
soggetti coinvolti in questo scempio, possa ostacolare un processo di
cancellazione della nostra memoria sempre più assediata dalla cupidigia delle
volumetrie e dall'inerzia di chi è preposto, anche nei litorali, a difendere i
beni comuni.