Bella domanda. Triste domanda, perché dopo aver subito per troppo tempo l’avanspettacolo di Berlusconi, ci si trova con un altro personaggio decisamente “unfit”: per motivi diversi da prima , con un canovaccio differente, ma sempre dentro una carenza di sostanza umana, politica, intellettuale. Le conseguenze di un ideologismo stolido, alieno dalla concretezza salvo quando si tratta di sostenere banche e potentati, le abbiamo viste, così come vediamo l’intenzione di proseguire come un mulo sulla strada intrapresa. La poca trasparenza umana la possiamo toccare con mano con il tradimento di tutte le promesse fatte ai cittadini, a Napolitano e alla stessa carica di senatore a vita. L’essenza del funzionario, dell’esecutore, solo superficialmente nascosta dall’albagia professorale, si mostra tutte le volte che si vede la dipendenza del professore dalla Merkel.
E nemmeno l’intelligenza di non rivelarlo platealmente com’è accaduto ieri quando ha detto che la cancelliera non vuole il Pd al governo, facendo infuriare Bersani e costringendo la sua padrona a metterci una pezza. Per fortuna che quest’uomo dovrebbe ridare prestigio al Paese, come favoleggiano i giornaloni e i grandi media. Ma il prestigio è un’altra cosa dall’essere agli ordini di Berlino e Bruxelles, non basta non essere un istrione. E tuttavia proprio questa natura così lontana da quella del leader, questa vocazione da camerlengo del potere e dei poteri è quella che spinge la cancelliera tedesca a puntare su di lui.
Come chiarisce Wolfgang Münchau, tedesco, editorialista ed editore del Financial Time, Bersani ha vanamente tentato di accreditarsi come un fedele della finanza: Berlino teme che si allei con Hollande e mandi all’aria la filosofia dell’ austerity che almeno per il momento è quella che favorisce gli interessi tedeschi. L’appiattimento su Monti, persino sui suoi clamorosi errori, è stata dunque inutile, non ha attirato l’endorsement europeo che sperava, mentre ha allontanano gli elettori di sinistra. D’altronde la Merkel non vuole nemmeno Berlusconi, un po’ per questioni personali e molto perché è inaffidabile. Dunque rimane il premier con cane, di provata fedeltà e di altrettanto provata poca indipendenza. Ed è un bel problema imporlo nel momento che der schnauzer ha voluto a tutti i costi disfarsi della sua immagine di tecnico per buttarsi in politica con la ruggine della Repubblica.
Ma si tratta comunque di una fase di passaggio sia in Italia che in Europa: l’austerità sta già cominciando ad affondare la stessa Germania dopo averla favorita ed è probabile che dopo le elezioni di novembre, tutto cambi anche con la Merkel confermata: è chiaro che bisognerà mandare in pensione il fiscal compact che è agli occhi degli economisti seri una sorta di non senso e viene apprezzato dai cultori della materia di radice reazionaria solo nella sua funzione di rendere difficili se non impossibili le politiche sociali.
Quindi non si azzarda troppo vedendo in Monti un fantasma che perde consistenza di giorno in giorno e le cui gaffes non fanno altro che sottolinearne l’inadeguatezza. Ma chi va con i fantasmi, comincia ad essere spettrale.