Oggi ricorre il venticinquesimo anniversario di morte di Thomas Sankara; Il politico burkinabè, già citato nel blog, è uno dei pochi politici africani insieme a Mandela, Shenghor e Nierere ad essere ricordato come portatore di una politica africana sana, non succube di affarismo e corruzione.
A differenza degli altri politici citati, non è stato uno dei padri dell’indipendenza del proprio paese, ma comunque può essere considerato uno dei padri della sua patria il Burkina Faso, visto che durante la sua presidenza sono stati attuate molte modifiche. Il nome stesso del paese è stato cambiato, da Alto Volta, il nome preso al momento dell’indipendenza dalla Francia, è stato modificato in Burkina Faso, che nella lingua locale vuole dire paese degli uomini integri; sono cambiati la bandiera e l’inno nazionale.
La carriera politica del capitano Sankara, inizia il 4 agosto 1983 quando sale al potere dopo un colpo di stato; di orientamento marxista (e per questo gli è stato dato anche il soprannome di Che Guevara africano), era un convinto panafricanista, con un occhio di riguardo al movimento terzomondista.
Durante il breve periodo di potere, attuò ardite riforme per modernizzare lo stato e la società. I punti centrali di azione politica furono:
- Un decentramento amministrativo
- Riforma agraria, per creare un’autosufficienza alimentare
- Promozione delle donne con una lotta all’infibulazione, ai matrimoni combinati, alla poligamia
- Abolizione balzelli feudali
- Costruzione di infrastrutture stradali e ferroviarie, nonché un primo piano idrico nazionale.
Un cambiamento anche nello stile, chiamato anche presidente nell’utilitaria, in quanto vendette la Mercedes per girare con una Renault 5, per non sembrare troppo distante dal popolo.
I suoi quattro anni di presidenza, sono ricordati però soprattutto per i suoi interventi nelle sedi internazionali; duri attacchi contro Banca Mondiale e FMI, che secondo il presidente erano più intenti a salvare gli investimenti occidentali rispetto al progresso dei paesi sottosviluppati.
“Parlo in nome delle madri che nei nostri Paesi impoveriti vedono i propri figli morire di malaria o di diarrea, senza sapere dei semplici mezzi che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio del capriccio di pochi uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di assunzione calorica nei loro pasti, così abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel…”
Quando, rivolgendosi ai suoi colleghi africani, pronunciò un’altra celebre frase dicendo, se non saremo uniti io il prossimo anno non sarò più qui, trovò il suo compimento; il 15 ottobre 1987, trovò la morte durante un colpo di stato attuato dal suo amico Blaise Campaoré, con mandanti occidentali e ramificazioni africane.
pbacco