L'India è troppo grande, fantastica, complicata e fuori dagli schemi per poterla rinchiudere dentro ad un racconto. Ogni momento del mio viaggio in Rajastan, le emozioni vissute e i volti incontrati sono state esperienze indimenticabili tanto da diventare un pezzo importante della mia vita.
Dal mio viaggio, durato 14 giorni, un assaggio con il racconto su Fatehpur e l'incontro con la sua arte, la sua gente.
Ormai vicini alla conclusione del viaggio, percorriamo l'uscita da Bikaner e un centinaio di chilometri di deserto in una nebbia che ovatta e rende tutto suggestivo. Dopo alcune ore la foschia ci lascia e godiamo di un po' di caldo e di colori. Una breve sosta e arriviamo a Fatehpur, una delle due tappe di oggi.
La sosta in questa città si rivelerà una delle visite più suggestive di tutto il viaggio. Entrati nel borgo scorgiamo un paese fatiscente, con agglomerati di case mal tenuti, maiali e mucche che razzolano ovunque. Mano a mano che ci avviciniamo al centro si scorgono alcune dimore in avanzato stato di rovina, ma con superbi affreschi.
Accostiamo la macchina vicino a Haveli Nadine Prince, l'unica haveli restaurata - per opera di una pittrice benefattrice francese - e ora una fondazione aperta al pubblico in visita. Dire che è splendida è riduttivo. La visita è guidata, attraversa stanze e cortili e giunge fino ad una mostra di pittura.
Le altre haveli sono invece private e visibili a discrezione del proprietario. Suoniamo il campanello ma non ci rispondono. Un signore con turbante sbraccia a mo' di wellcomeI e poi chiede se vogliamo vedere delle haveli, e noi diciamo di sì e lo seguiamo.
Visitiamo la prima haveli: uno splendore! Sono delle vecchie case fatiscenti con meravigliosi affreschi e unacorte interna a due piani. Una serie di stanze con uso diverso che si succedono a vicenda. Negli affreschi storie di colonizzazione inglese, religiose, di vita quotidiana. Veniamo poi accompagnati nel vecchio ospedale ora dimora civile, sempre con questi affreschi, poi in un tempio dove facciamo una piccola donazione.
Giriamo per le strade del paese con quest'uomo, mi chiede se sono interessata all' henné alle mani e mi presenta una sua presunta zia di 28 anni. Tutte le donne della casa partecipano al rito dell'henné, ci scambiamo apprezzamenti femminili e complimenti. Davanti a noi, la nonna con la mamma sono sul tappeto a far seccare dei semi mentre il bambino gioca. Passanti incuriositi si fermano a guardare e a fare domande, mucche e maiali ci passano davanti indifferenti, le donne di famiglia preparano l'henné e danno consigli alla ragazza.
Dopo un po' la mia guida di fortuna mi annuncia che l'henné è pronto e senza darmi possibilità di scelta mi fa sedere e con una specie di lima inizia a togliere la polvere secca. Tutta la famiglia partecipa al rito, anche il nostro autista che quando vede questi spaccati rimane con noi in modo discreto. Le donne procurano l'olio per rendermi le mani lisce e togliere le impurità, e mi offrono un tè con latte mentre il signore con il turbante mi passa lima e olio sulle mani. Io mi sento bene in tutto questo, sono felice nel vedere i loro visi semplici e accoglienti sorridere all'idea di avermi lasciato un bel ricordo dell'India.
Cos'è stato incontrare l'india per me? Ho vissuto come spettatrice per 14 giorni un presepe laico di gente e colori immerso nel caos dei motori e del nuovo che avanza. Seduta in macchina con il naso appiccicato al finestrino, ho spesso sognato di poter fermare il tempo, perché avrei voluto osservare con calma ogni particolare di quel folle mosaico umano/animale/sociale/economico/civile che avevo davanti a me. Avrei voluto leggere con calma ogni aspetto di quella vita così vera, senza filtri, semplice, povera, caotica peroò nonostante ciò, almeno apparentemente lontano da scene di disperazione o ira. Una condizione di poverta' a cui si adeguano, anche se sembra strano, con serenità.
Il bello dell'India è anche questo senso di stupore senza tempo e senza limite che ti provoca, ti accompagna e ti disorienta facendotela amare oltre ogni contraddizione.