La sensazione che ho avuto all’Havana è quella di essermi imbattuto in una città ferma agli anni ’50. Avete presente quelle cittadine finte create dagli USA per gli esperimenti atomici nel dopoguerra? Con le case con i manichini, le auto ferme per le strade, la biancheria stesa all’aperto. Ecco mi è sembrato di visitare una di quelle città, pronta per essere colpita da un esperimento nucleare.
Un atmosfera veramente surreale che i dintorni abbandonati dell’Havana soprattutto verso Playa dell’Este mi hanno lasciato impresso.
In altri momenti, durante le mie scarpinate tra le vie centrali dell’Havana, vedendo palazzi sventrati o altri sul punto di crollare mi hanno fatto tornare in mente le immagini dell’Italia del dopoguerra. Ed è veramente triste sapere che la popolazione è costretta a vivere in queste condizioni.
Anche il Capitolio, il monumento nazionale principale dell’Havana costruito in un tempo record di 3 anni agli inizi del '900 dal dittatore Machado, sta cadendo a pezzi. A Fidel non interessa restaurarlo, è pre-rivoluzionario, e quando piove entra acqua dappertutto.
L’hotel Habana Libre ex Hilton, requisito senza compensazione agli americani e ora gestito in minoranza da una società multinazionale spagnola.
Nulla è cambiato anche in questo caso. Se volete girare un bel film catastrofico stile anni ‘60/’70 qui potrete trovare la scenografia ideale e super-realistica per un colossal del tipo “trappola di cristallo 2”, sperando che l’incendio non divampi davvero, visto che i sistemi di sicurezza sono rimasti quelli di una volta.
Al piano terra dell’Hotel è possibile accedere ad un fast food che definerei piuttosto uno slow food per la lentezza del servizio offerto. In realtà quella della lentezza e della scarsa considerazione del cliente è una costante che troverete nella maggior parte dei ristoranti e degli esercizi commerciali. La cosa è comprensibile, visto che gli esercizi pubblici possono essere solo statali e che al commesso che vi deve vendere una lametta da barba, che è un impiegato statale da 15 euro al mese, non interessa molto la vostra soddisfazione. I camerieri sono più fortunati e saranno molto piu’ recettivi potendo sperare nella benevolenza del “grasso turista occidentale” per una “lauta” mancia. Ma i ristoranti non vi lasceranno molto impressi sia per le condizioni igieniche che per la bellezza (piuttosto bruttezza) dei locali. Meglio andare nelle Paladar, ristorantini gestiti da privati e in genere con un buon servizio e cucina e i cui soldi incassati non andranno, almeno in gran parte, a Fidel. Purtroppo non è facile trovarli perché non troverete insegne che vi indichino la loro presenza.
Le case cadono a pezzi ma i soldi per mantenere sotto controllo la popolazione si trovano sempre. Si notano telecamere sparse un po’ ovunque tra le principali strade dell’Havana ed il poliziotto di quartiere qui metterebbe in imbarazzo quelli di Berlusconi… ad ogni angolo, anche quello più insignificante, puoi aspettarti di trovarne uno o una coppia di poliziotti in attesa di chiederti i documenti. Ovviamente i turisti sono esentati dal controllo mentre i loro amici vengono sottoposti ad estenuanti domande in quanto sospettati di essere delle prostitute (jineteras) o prostituti (pingeros) sempre ed in ogni caso. Io ed il mio amico cubano, onde evitare questi inutili ed imbarazzanti controlli, abbiamo brevettato il lasciapassare “english speaking”: parlare in inglese in prossimità dei poliziotti anche frasi senza senso del tipo “one plus one is two or three?” in modo da essere considerati entrambi turisti. Funzionante al 100%.
Per chi non può permettersi questi taxi popolari chiamati “cub” (10 pesos cubani per corsa, oppure 0.50cent CUC) allora potrà soddisfare la sua voglia di immedesimarsi nella vita del cubano tipo sfruttando gli autobus dell’Havana per la modica cifra di 0.05cent CUC, affrontando però alcuni ostacoli: l’attesa che supera i record italiani, le code che noterete alle fermate e la possibilità di poterci entrare. Non di rado infatti vi capiterà di vedere questi jumbo-bus “donati” dai cinesi che circolano con le porte aperte e i cubani che si stringono ai maniglioni per non essere catapultati fuori per strada. Forse è utile ricordare che ai cubani non è concesso accedere alla compravendita di autovetture, quelle che trovate in giro sono di proprietà ereditaria o acquisite per altre vie. La presenza sovietica all’Havana, oltre per l’orrenda ambasciata che fa ricordare un robot in cemento armato, è testimoniata anche per la cospicua presenza di auto russe anni ’70 utilizzate anche dalla polizia.
Un altro esempio di come il dittatore Castro risolve i problemi della sua popolazione: “affranta” dalle news e dai messaggi sui diritti umani che l’ambasciata americana ostentava dalla propria sede, è stata prontamente “rinfrancata” da Fidel che ha fatto costruire una imponente struttura in acciaio e cemento armato con un palco e una cinquantina di bandiere svolazzanti per celebrare la sua Rivoluzione ma il cui fine principale è stato in realtà quello di oscurare le scritte di cui sopra che si leggevano dal malecòn; da lì a poco infatti si sarebbero spente.
Verrebbe da dire che una dittatura è salda quando saldo è il controllo sull’informazione. La televisione cubana su questo punto vi sarà d’aiuto per capire quanto sia importante e vitale per una democrazia una informazione indipendente e non asservita al potere. I quattro canali cubani mandano in onda notiziari che farebbero impallidire quelli di Fede e Minzolini, dove le notizie nazionali sono relegate ad una manciata di minuti che possono riguardare, a seconda degli eventi, la commemorazione di una azione castrista rivoluzionaria, la medaglia ad uno dei tanti valori assegnata ad honorem a Fidel Castro, l’aiuto dei medici cubani alla popolazione Haitiana (una delle news più contemporanea ed esaltata dal regime), un bel discorso di Raul Castro oppure qualche discorso pre-registrato e debitamente rimaneggiato di Fidel, vista la demenza senile che avanza e che fa oramai pronunciare al dittatore farneticanti e sconclusionati dialoghi privi di senso. Poi il resto del notiziario si occupa per la maggior parte di notizie internazionali debitamente selezionate e scremate da possibili riferimenti contro-rivoluzionari, dalle news sportive e dal meteo. I film che vedrete, anche questi ovviamente scelti ad hoc, sono stati piratati via satellite dai canali sud-americani o spagnoli e riproposti dal network cubano con una bella pecetta nera che compare di tanto in tanto per coprire le scritte delle televisioni originarie. Vi capiterà di vedere anche una “bella” fiction a puntate dal titolo“El que no debe morir”, quello che non deve morire (cioè Fidel), che ripercorre le tappe della rivoluzione castrista. Pensate un po’ i buoni sono rappresentati da Fidel e Che Guevara, i cattivi invece sono gli americani. Da non perdere.
Insomma, se vedete la televisione, che sia spenta o accesa non noterete la differenza. Puo’ essere usata anche come sonnifero senza prescrizione medica soprattutto grazie ai talk show fiume inerenti la Revolucion.
Possedere inoltre una parabola con relativo decoder è severamente vietato e punito, chi si avventura ad allacciarne una alla propria TV deve necessariamente rivolgersi ad un conoscente estero che sottoscriva per lui l’abbonamento. La parabola dovrà essere opportunamente occultata in modo da non essere notata non solo dalla polizia ma anche dai vicini. La delazione, come in ogni regime, è una pratica molta diffusa.
I giornali sono rappresentati da 4 pagine che trattano di politica filo governativa. I giornalisti che si sono opposti al potere sappiamo tutti la fine che hanno fatto. Le testate estere sono introvabili.
Il mio amico cubano mi ha spiegato che la maggior parte dei cubani che vuole avere notizie che non siano propinate dal regime ha almeno 4 vie:
1) Contattare i propri conoscenti/parenti esuli all’estero (metodo piuttosto dispendioso);
2) Accedere ad internet, ancora piu’ dispendioso e proibitivo per la maggior parte della popolazione. Considerate che un abbonamento dial-up (quelli non adsl, ma lentissimi che utilizzano il vecchio modem 56k) costa sui 100 euro al mese per 300 ore di collegamento. Mentre una mezz’ora vi viene offerta nei principali Hotel per poco meno di 5 euro. Se si considera che uno stipendio medio mensile cubano è di 15 euro è un vero e proprio affare!
3) Se si possiede un computer, acquisire la chiavetta usb sulla quale si trovano le news che sono state scaricate da internet
4) Il passaparola
Infine una discorso a parte merita il sistema monetario utilizzato a Cuba. Ritengo che con la circolazione di due monete, il pesos nacional utilizzato dai cubani e il pesos convertibile riservato ai turisti, si vuole da un lato spennare il piu' possibile i turisti, unica vera fonte di finanziamento per la dittatura castrista, imponendo un costo della vita e prezzi al pari se non superiore a quelli dell'Italia per i medesimi servizi offerti (un gelato preconfezionato costa circa 1 euro nei bar su strada, la visita al museo della rivoluzione mi è costata 6,60euro) mentre dall'altro si mortifica ancora di piu' la popolazione che è costretta a spendere ore e ore di coda nei pochi esercizi che ancora commerciano in moneta nazionale. Vi farà tristezza vedere la coda impressionante che si forma alla gelateria Coppelia al quartiere Vedado solo per assaggiare un gelato a prezzi popolari. Di fronte a questa situazione, per la maggior parte della popolazione l'accesso ai servizi da noi ritenuti piu' comuni, visti i prezzi imposti, è loro negato e riservato esclusivamente ai turisti e alla rada casta cubana benestante.
Un viaggio a Cuba che non sia relegato, o almeno non esclusivamente, ad un villaggio turistico attrezzatosafari fotografico o di uno zoo di un regime dittatoriale (purtroppo) ancora in vita.
Al termine del viaggio avrete coscienza di quanto importante sia la democrazia per un popolo e che il sistema rappresentativo accompagnato da un liberismo economico, pur nelle loro imperfezioni e contraddizioni, sia il sistema più idoneo o, se volete, quello che tende maggiormente alla garanzia dei diritti individuali ed al benessere della collettività.
Lasciando Cuba verso la via dell’Aeroporto mi sono venute in mente le immagini della vitalità del suo popolo che pur nella sciagura in cui vive si rallegra sotto il motto del “tanto peggio di così non può andare” unite però ad un sentimento di tristezza per il mio amico cubano, studente universitario di 21 anni cosciente di dover vivere relegato negli anni ‘50 ancora per diverso tempo.
FF