Avete mai letto un libro “strano”? E con “strano” non intendo libri come il visionario La schiuma dei giorni di Boris Vian o ipnotici come Trilogia della Città di K di Agota Krisoff, ma semplicemente strano e basta. A me è successo leggendo Un segno invisibile e mio di Aimeer Bender, edito da Beat.
La nostra protagonista, Mona Gray, qualche giorno prima del suo ventesimo compleanno viene mandata via di casa da suoi strani genitori senza motivo apparente, ma ha la fortuna di trovare praticamente il giorno dopo un lavoro come maestra nella scuola in cui ha studiato da bambina.
In questa scuola c’è uno strano insegnante di biologia che, per insegnare ai suoi piccoli allievi la materia, fa inscenare epidemie, malattie e casi studiati. Lei, invece, che insegna matematica, ai suoi studenti fa interpretare i numeri e le operazioni che nel corso dell’anno si ritrova a spiegare. L’amore per la matematica della nostra protagonista le è nato alle elementari dove il suo ex insegnante, attualmente commesso in una ferramenta, mostrava al mondo il suo stato d’animo indossando al collo i numeri da 1 a infinito: più alto era il numero, più l’umore era alle stelle. Mona ha come portafortuna un’ascia, mangia pezzi di sapone quando riceve una delusione e ha un padre che disegna cerchi di terra bruciata sul prato di casa. Trama strana e personaggi sui generis ci vengono presentati attraverso dialoghi surreali, azioni apparentemente senza senso e una caratterizzazione che tende a inglobare nel microcosmo che la Bender ci vuole raccontare tutte le stranezze di questo mondo. Apparentemente quindi Un segno invisibile e mio si sarebbe dovuto ascrivere nella categoria libri indimenticabili, quei libri che ci presentano bizzarrie e personaggi al limite con la follia, che però ci fanno innamorare, ma soprattutto rivelano tanto di noi. In realtà però più che un romanzo Un segno invisibile e mio è un vero e proprio esercizio di stile. Un autore che sceglie di creare personaggi bizzarri e suoi generis, infatti, non può dimenticare di metterci cuore e anima nelle parole che imprime sulla carta. L’eccessiva ricerca della stranezza e la voglia di scrivere qualcosa fuori dall’ordinario hanno portato la scrittrice a creare una storia perfetta ma fredda, con personaggi da manuale, ma con i quali non si riesce a entrare in empatia. Della Bender, autrice di L’inconfondibile tristezza della torta a limone e La ragazza con la gonna in fiamme, ho sempre sentito meraviglie come: un’autrice fresca e fuori dal coro che scrive romanzi “leggeri come la neve”. Personalmente posso affermare che della neve Un segno invisibile e mio non possiede la leggerezza, ma la freddezza. C’è poco amore nelle parole della Bender, poco trasporto nella scrittura, poca empatia con il lettore. Un segno invisibile e mio è un perfetto esercizio di scrittura creativa. Personaggi, trame e atmosfere sono da manuale, ma un romanzo è un’altra cosa...Alla prossimaDiana