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Un tè con i News For Lulu

Creato il 20 febbraio 2012 da Enquire @enquire_mag

Musica dolce, musica d’atmosfera, sostenuta da quel tocco di rock che non guasta mai. Non vi stiamo parlando né dei Coldplay né dei Radiohead, ma di un interessante progetto nato in quel di Pavia, che dal 2003 ci regala sonorità electropop di altissimo livello. È proprio da qui che cominciamo la nostra chiacchierata con i News For Lulu, compositori e interpreti dall’appeal British e dalla freschezza tutta italiana.

Un tè con i News For Lulu

Dal 2003 ci state regalando alcuni tra i migliori episodi di pop melodico italiano di ispirazione britannica. Le vostre ambientazioni sonore British sono cosa voluta? Quali sono le band che vi hanno influenzato maggiormente? Se dovessimo descrivervi a qualcuno che ancora non vi conosce, probabilmente azzarderemmo a definirvi “una versione Coldplay dei Radiohead”, immagine sicuramente riduttiva ma certamente efficace.

NICOLA: Strano, ho sempre pensato che “la versione Coldplay dei Radiohead” fossero i Coldplay. O al limite gli Snow Patrol. Scherzi a parte, in verità ci sentiamo molto legati alla musica inglese e a volte usiamo quelle sonorità per limitare le influenze pesantemente americane di alcuni di noi (sicuramente il sottoscritto). Penso soprattutto a dischi come Odessey and Oracle degli Zombies o Village Green Preservation Society dei Kinks, dischi splendidi e rappresentativi della psichedelia anni ‘60, senza dimenticare Elvis Costello per le strutture ritmiche, oppure i migliori episodi del northern soul, altro esempio emblematico di come America e Inghilterra possano andare d’accordo. Un’altra idea che ci piace molto è quella del concept, non solo tematico, ma anche “sonoro” presente in buona parte dei dischi inglesi dell’epoca, anche noi speriamo di essere riusciti a comunicare qualcosa del genere.

Quali sono le band della scena indie italiana che i News for Lulu prediligono? Ci sono collaborazioni in vista?

EMANUELE: Siamo molto incuriositi dalla scena indie italiana, anche perché grazie ad internet abbiamo la possibilità di tenerci facilmente in contatto con gli artisti che gravitano intorno ai nostri stessi ambienti, condividono gli stessi palchi e che soprattutto hanno gusti simili ai nostri. Abbiamo apprezzato all’unanimità il disco di Colapesce e io mi aspetto molto dal nuovo lavoro dei Drink To Me. Recentemente siamo tutti rimasti colpiti dai Japanese Gum, con i quali abbiamo suonato due sabati fa al Milk Club di Genova, davvero bravi, non escludiamo che in futuro possa scattare una collaborazione con loro, anche perché sono diventati nostri amici.

Come nasce un progetto come quello dei News For Lulu? Nel senso, proprio perché i vostri brani sono installati su una grande struttura melodica, a volte può essere difficile inserirsi in un contesto musicale come quello attuale in Italia, dove il pubblico più “commerciale” segue i Negramaro, a mio parere lontani anni luce da voi nel modo di lavorare sulle armonie. Oppure la gente è preparata più di quello che gli addetti ai lavori pensano, ad accogliere un sound elegante come il vostro?

UMBERTO: Negramaro & Co. rappresentano una specie di lutto per chiunque abbia una sincera passione per la musica, almeno qui in Italia. Ascoltare una loro canzone significa confrontarsi con la dura realtà dei fatti: per vendere qui da noi basta la riproposizione di vecchi brani del liscio, mascherati con sonorità pseudo-rock e arrangiamenti che ammiccano all’elettronica in modo approssimativo. Questo senza voler togliere nulla al liscio, che resta una parte della nostra cultura. Prendete Arriverà dei Modà: togliete le chitarre e le voci caricate all’inverosimile, metteteci una fisarmonica e vi ritroverete davanti al valzer con cui si sono innamorati i vostri nonni al ballo di paese. Tuttavia, non sono pessimista. Le persone iniziano a non accontentarsi più di ciò che viene loro propinato. Anche fra gli stessi “addetti ai lavori” (per quanto scrivere di musica non dia più da mangiare a nessuno) sta avvenendo un ricambio generazionale. Non la metterei dal punto di vista della “preparazione”, io spero che per apprezzare la nostra musica non sia necessario essere degli intenditori, forse basta solo essere un po’ curiosi.

Ci sono dei generi musicali che vi proponete di esplorare in futuro? Ultimamente ci avete stupiti introducendo nella vostra anima puramente pop un elemento elettronico di tutto rispetto.

MATTEO: Se guardiamo il nostro percorso affrontato fino ad ora, non è da escludere un nuovo cambio di rotta nella nostra musica. Di certo la componente melodica rimarrà ben radicata all’interno del nostro approccio ai nuovi brani, perché in fin dei conti siamo un gruppo pop e ci piace definirci così. Il fattore “sorpresa”, però, è forse il lato più bello dei News For Lulu: ci piace parecchio “deviare” un pezzo dalla struttura classica trasportandolo in un’atmosfera totalmente diversa, è anche il modo migliore per sfogare i nostri ascolti, tanto vari quanto importanti per il nostro percorso musicale. Lo stesso They Know (album uscito lo scorso settembre, ndr) ha segnato un passo in avanti rispetto al precedente album, grazie all’inserimento di una sezione di fiati negli arrangiamenti, mossa che probabilmente si sarebbero aspettati in pochi. In alcuni casi, i fiati ci hanno dato l’opportunità di concludere pezzi su cui eravamo indecisi e addirittura hanno risollevato le sorti di brani destinati ad essere esclusi dal disco. Il risultato ci ha soddisfatto parecchio e ci auguriamo di poter ripetere questa esperienza in futuro.

Quando ascolto una canzone dei News For Lulu trovo che il testo e la musica siano perfettamente integrati. Come nasce un vostro brano? Qual è il modo migliore per far sì che chi lavora alle parole sia sempre in sintonia con chi in quel momento si sta dedicando maggiormente alla parte strumentale?

UMBERTO: Non abbiamo una regola predefinita. Per They Know, ad esempio, ho scritto tutti i testi nello stesso periodo, quando la parte strumentale dei pezzi era già praticamente ultimata. Mi piaceva l’idea di amalgamare le diverse sonorità del disco con testi molto legati fra loro, non tanto dalla stessa tematica, ma dalle stesse sensazioni. Musica e testi non sono mai due compartimenti stagni e partecipare ad entrambi ti permette di non perdere mai il contatto. In genere, comunque, preferisco prima scrivere le linee melodiche (magari con parole senza senso) e dedicarmi al testo in seguito, quando la canzone ha un’atmosfera così definita da comunicarti, ispirarti o ricordarti qualcosa che puoi descrivere.

Spesso si riconosce un attaccamento regionale alle band e ad alcuni cantanti che provengono da alcune zone d’Italia. In una cittadina come Pavia, la scena musicale è viva, sostiene i suoi artisti? Il vostro luogo di origine è stato importante per lo sviluppo del vostro lavoro?

ANDREA: Difficile dirlo. Pavia è una città molto bella e vivibile, questo sicuramente favorisce l’incontro fra persone. D’altra parte, non si può certo dire che sia un luogo di fermento culturale. Anzi, nella tipica mentalità pavese c’è una sorta di pigrizia congenita oltre ad una “voglia di accontentarsi” a cui forse anche noi siamo soggetti, certe volte. Detto questo, le città di provincia, proprio per questi motivi, favoriscono l’aggregazione e la voglia di emergere. Non sappiamo se si può parlare di scena, di certo abbiamo diversi “gruppi amici” (Ultraviolet Makes Me Sick, Emily Plays, Green Like July) che sono mossi da passioni e ambizioni simili alle nostre.

Concluderei con una domanda sul vostro presente. Siete in tour in giro per l’Italia, come vivete le esibizioni dal vivo?

MATTEO: Siamo molto felici di poter suonare dal vivo! L’idea del live ci stimola sempre, soprattutto perché, oltre a divertirci molto, possiamo trasmettere questa sensazione alla gente. Alla base di tutto c’è sempre un grosso lavoro di preparazione, anche per riarrangiare i pezzi che proponiamo dal vivo. Ad esempio, non abbiamo sempre l’opportunità di portare la sezione fiati al nostro fianco, ma invece di considerare ciò come una mancanza, sfruttiamo l’occasione per cambiare gli arrangiamenti, a volte anche in modo radicale. Quello che cerchiamo nei live è instaurare il feeling migliore con il pubblico e meritarci la nostra ora di riflettori.


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