Dell’adunata nazionale degli alpini che si terrà a Bolzano dall’11 al 13 maggio si è già detto e scritto molto. In via preliminare ne sono stati soppesati i possibili significati politici. Entusiasti e contrari, in un valzer d’ipotesi e illazioni quasi inevitabili nella nostra piccola provincia. È prevalso il buon senso: le adunate degli alpini, infatti, nonostante l’aspetto militare, richiamano anche la solidarietà (loro sempre in prima fila nelle emergenze), l’amicizia, la passione per la montagna. Da questo punto di vista, è naturale che Bolzano ospiti l’adunata.
Ora, giunti a ridosso dell’avvenimento, si è iniziato più concretamente a parlare di problemi organizzativi. Su questi è opportuno soffermarsi ulteriormente, anche per capire quale tipo di iniziative possano essere accolte dal nostro capoluogo.
Ciò che ci aspetta, infatti, non è un evento, bensì un «mega-evento». Il prefisso indica una dimensione debordante da qualsiasi unità di misura. Un mega-evento è per sua natura affetto da gigantismo, destinato a crescere inevitabilmente oltre sé stesso, a invadere ogni spazio che vorremmo sottrargli, a contestare ogni limite che cercheremmo d’imporgli. È molto lodevole che ogni persona coinvolta nella catena di responsabilità necessaria a garantire il transito e la sosta della marea umana in arrivo — calcoli realistici parlano di almeno 200.000 persone — si prodighi a tranquillizzare i diffidenti. Rimane però il forte dubbio che, in questo come in altri casi, vengano invece sottovalutate alcune domande banali: perché Bolzano e il suo hinterland devono necessariamente essere sottoposti a straordinarie prove di resistenza? Ne hanno la caratura, la vocazione, la possibilità?
Vorrei solo attrarre l’attenzione su quanto è attualmente all’esame di chi sta curando le disposizioni da prendere durante i tre giorni di effettiva sospensione della normalità: blocco totale del traffico; scuole chiuse; dipendenti degli uffici invitati a non recarsi al lavoro; residenti in fuga o consigliati di andarsene. Poi, con un’ulteriore misura a sorpresa che contraddice questa tendenza alla smobilitazione, si chiede che i negozi rimangano aperti oltre l’orario di chiusura. I bar addirittura fino alle tre di notte! È l’immagine di una città che non si dispone tranquillamente a celebrare un evento, ma che cambia ogni sua abitudine e snatura il proprio volto per assumere un passo che non le appartiene.
Insomma, alcune serie questioni sulla sostenibilità degli avvenimenti che si propongono sul nostro territorio dovrebbero essere affrontate e chiarite una volta per tutte. L’adunata degli alpini è solo la punta dell’iceberg che, per quanto possa esser comprensibile sotto vari aspetti, non deve farci dimenticare come il «gigantismo» non si possa conciliare con i nostri spazi.
Corriere dell’Alto Adige, 2 marzo 2012