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Le infezioni respiratorie – o meglio, le diagnosi approssimative in caso di raffreddori, influenze sinusiti e sindromi parainfluenzali – sono tra le principali cause del crescente problema dell’antibiotico resistenza. Nel dubbio infatti, i medici di tutto il mondo tendono a mandare a casa il paziente prescrivendo una cura con antibiotici, ma in assenza di una sovrainfezione batterica i farmaci rischiano solamente di provocare lo sviluppo di bacilli resistenti. Ad affermarlo è un team di ricercatori della Duke University di Durham, che si è impegnato però a sviluppare una soluzione: un semplice test del sangue, che permette di riconoscere con estrema velocità, e una precisione che raggiunge circa l’87%, le infezioni respiratorie virali da quelle causate da batteri. Negli Stati Uniti, sottolineano gli autori della ricerca pubblicata su Science Translational Medicine, circa il 73% dei pazienti che vengono visitati a causa di sintomi respiratori causati da un agente virale ricevono impropriamente la prescrizione di antibiotici. E in ognuno di questi casi esiste una piccola possibilità che i batteri presenti nel loro organismo sviluppino una resistenza ai farmaci. “Quando moltiplichi questa possibilità per i milioni di pazienti che ricevono antibiotici inutilmente, quello che inizialmente era un piccolo rischio diventa, a livello di popolazione, un problema fin troppo reale”, spiega Ephraim Tsalik, ricercatore della Duke University che ha partecipato il nuovo studio. Nel loro studio i ricercatori hanno prelevato campioni di sangue a 31 pazienti con infezioni respiratorie: 21 colpiti da un virus influenzale, e 10 con polmonite batterica. Analizzando i campioni hanno quindi individuato una serie di cambiamenti nell’espressione dei geni dei pazienti (o biomarker), che caratterizzano la presenza di un’infezione batterica nell’organismo. Replicando l’analisi su più di 300 pazienti, il test ha dimostrato una precisione dell’87% nell’individuare i casi di infezione batterica, che necessitano quindi la prescrizione di antibiotici. Si tratta di un primo passo, sottolineano i ricercatori, perché per un utilizzo clinico bisognerà migliorare la precisione dell’analisi, e i tempi, visto che oggi servono circa 10 ore per ottenere i risultati. In futuro però, i ricercatori pensano di arrivare ad un test efficace, che richiederà non più di un’ora. “In uno scenario ideale, quando questo test verrà approvato per un vasto utilizzo, andrete nell’ufficio del vostro dottore e riceverete i risultati prima di arrivare in farmacia”, conclude Christopher Woods, direttore del centro di genomica della Dukes University, e coordinatore della ricerca. “Stiamo lavorando per sviluppare un test che possa essere effettuato con gli strumenti disponibili in qualunque laboratorio, e pesniamo che potrebbe avere un impatto importante sull’utilizzo appropriato degli antibiotici, e sullo sviluppo di trattamenti antivirali”. The post Un test per capire se servono gli antibiotici appeared first on Wired.