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Un Tiki polinesiano per Manuel

Creato il 17 febbraio 2014 da Valeria Vite @Valivi92

Durante un recente ricovero nel reparto di ortopedia dell’ospedale di *** ho conosciuto Manuel, che ha accettato di rilasciare una breve ma coinvolgente intervista. Vi prego di non essere troppo bacchettoni e di accettare Manuel per quello che, uno straordinario personaggio.

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Nonostante  lo sguardo annebbiato e il tono sonnolento, Manuel ha deciso di sfidare la morsa dei farmaci per raccontarmi la storia del suo primo tatuaggio. E’ sera e gli infermieri del hanno spento alcune delle luci principali del salottino per invogliarci a ritirarci nelle nostre stanze, ma io non ho alcuna intenzione di accomiatarmi perciò sfido il torpore del sonnifero per ascoltare il racconto di Manuel.

- Qual è stato il tuo primo tatuaggio? - domando mentre i miei occhi si insinuano nel colletto della felpa dell’ex detenuto e cercano di dare una forma a quelle linee che risalgono lungo il suo collo. Manuel intuisce la mia curiosità e sporge il collo verso di me, per mostrarmi il profilo di un alieno con le cuffie tatuato sulla giugulare.

- Un polinesiano. Sulla spalla destra - aggiunge dopo qualche istante di apatia.

- E cosa significa il tuo tatuaggio?

- Rinascita e protezione - lo sguardo del trentenne si perde nel vuoto per un istante, poi sgrana gli occhi e precisa - No, il polinesiano è un tipo di tatuaggio, uno stile. Il significato del mio tatuaggio invece è rinascita e protezione.

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Il piercing chiamato medusa; immagine tratta da qui

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Mentre si sfila la felpa per mostrarmi il capolavoro non si accorge che, tendendo le labbra, la medusa (un piercing applicato sul labbro superiore) quasi sfiora il grosso anello del naso, un massiccio arco d’acciaio a forma di U. Sollevata di poco la manica della maglietta di cotone, il primo tatuaggio di Manuel appare finalmente ai miei occhi.

Si tratta di un complesso motivo tribale che dalla spalla prosegue sino a metà bicipite con un tratto leggermente sfocato dal tempo; il tatuaggio poi prosegue circondando il braccio da quel punto sino alla mano, ma qui l’inchiostro è più netto e brillante poiché si tratta di incisioni realizzati in un periodo successivo. Questo secondo motivo tribale  comprende la sagoma stilizzata del Dio del Sole Maya o Atzeco (Manuel non ricorda con esattezza a quale delle due civiltà si sia ispirato il suo tatuatore) e, sulla mano, alcuni gechi proteggono una sfera decorata che simboleggia l’anima di Manuel, ma non è di loro che il mio amico vuole parlare questa sera.

William_Holman_Hunt_-_The_Scapegoat

Il Dio del Sole cui si probabilmente ispira uno dei tanti tatuaggi di Manuel, immagine tratta qui

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   - La prima metà di questo tatuaggio tribale è il mio primo tatuaggio - racconta Manuel mentre il suo indice bruciacchiato dall’accendino sfiora una magnifica maschera stilizzata, che sfida l’osservatore dal centro della spalla.

Manuel attende la mia reazione silenzioso e immobile come se la nostra conversazione stesse avvenendo in un sogno e, anche se i suoi occhi sonnolenti sembrano attratti da qualcosa al di sopra della mia spalla, so che mi sta ascoltando e che sta attendendo una mia reazione.

- E’ bellissimo! E cosa rappresenta questa faccia? E’ una specie di totem?

Manuel scoppia a ridere, chissà cosa significheranno mai i totem nell’universo dei tatuaggi! No, il volto del tatuaggio di Manuel è un Tiki. Sono felice di aver suscitato nel mio collega di sventure ospedaliere una reazione allegra e spontanea ma la mia curiosità non è ancora sazia. Siccome il mio amico non è un grande appassionato di storia, sfilo il suo massiccio cellulare Samsug da uno dei tasconi dell’enorme tuta che indossa (è da qualche giorno che fraternizziamo dunque posso permettermi questa confidenza) e lascio che sia la rete a raccontarmi tutto ciò che c’è da sapere sul suo tatuaggio.

Il Tiki è una divinità originaria delle Isole Marchesi (Polinesia Francese), che si è gradualmente diffusa in tutto il triangolo polinesiano attraverso l’idolatria di statuette votive a forma di Tiki in roccia o in legno, oppure mediante lo scambio di gioielli di artigianato locale che raffigurano il dio. Con il suo faccione un po’ inquietante e i grandi occhi rotondi, il Tiki è anche uno dei principali soggetti dei tatuaggi polinesiani ed è proprio attraverso l’arte dei tattoo il Tiki ha fatto il giro del mondo, giungendo sino a me attraverso il marchio sulla spalla di Manuel.

William_Holman_Hunt_-_The_Scapegoat

Il tatuaggio di Manuel è più o meno così; immagine tratta da tatuatori.it

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Manuel vorrebbe che gli restituissi il telefono, ma con un sorriso smagliante riesco a trattenere lo Smartphone ancora per qualche minuto, quanto basta per scoprire che il popolo polinesiano presso cui è nato il Tiki sono i Maori. Si tratta di una civiltà politeista la quale credeva che il proprio pantheon antropomorfo vivesse riunito in un’unica società. Le divinità Maori sono dotate di abilità straordinarie: oltre ai poteri sacri del Mana e del Ra’a, le loro divinità avevano una forza sovrumana. Gli dei possono manifestarsi all’uomo mediante varie forme tra cui il To’o, vale a dire un oggetto realizzato con le tecniche artigianali rudimentali della civiltà Maori. Il Tiki è per l’appunto un To’o e veniva utilizzato dagli antichi Maori per vincere il nemico, proteggersi dalle maledizioni e tutelare la propria famiglia.

Vorrei continuare a leggere ma Manuel reclama il proprio telefono ed io educatamente glielo restituisco, domandandomi se sia consapevole dell’antica storia e dello straordinario potere del proprio talismano di pelle e inchiostro.

- Quanto costa un tatuaggio simile?

- Due anni di strada.

- Sì, ma quanto hai pagato per …

- Due anni di strada.

Rinuncio ad ottenere una risposta sul prezzo, ma la mia curiosità ormai è una vampa ardente. Cosa significa due anni di strada? I soldi risparmiati nel corso di due anni di vita di strada o … altro? Manuel sembra intuire e miei dubbi e sfida la sonnolenza chimica in cui lo costringono i farmaci per dirmi:

- Ho un lavoro, mi occupo di piercing e trucco permanente. Ho tre brevetti, ciascuno dei quali è stato conseguito in tre paesi europei differenti: Portogallo, Spagna e Italia.

- Come mai all’estero?

- Perché all’estero i brevetti costano meno.

- E come mai hai deciso di fare quel tatuaggio?

- Perché ero giovane e ingenuo.

- Ah, ma allora ti sei pentito?

- No. Però quando l’ho fatto ero giovane e ingenuo.

Le risposte di Manuel sono troppo paratattiche per costruirci una storia, non riesco a capire se ha deciso di farsi fare il primo tatuaggio per smettere di essere giovane e diventare uomo oppure proprio perché si sentiva giovane e aveva bisogno di protezione, di Tiki benevolo che lo proteggesse. Il ragazzo è furbo e sa come attirare la mia attenzione senza raccontarmi i fatti suoi.

- In realtà il tatuaggio per me è un dolore che viene ricordato negli anni, doloroso com’era nel principio. – afferma, sgrammaticatamente solenne – E a me piace soffrire, ma l’ago non mi ha mai fatto male.

Sono sbalordita, ma non dico nulla e attendo che continui a raccontare trattenendo il respiro.

William_Holman_Hunt_-_The_Scapegoat

I veri Tiki polinesiani, immagine tratta qui

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- Prima di scegliere il Tiki ho sfogliato tre cataloghi di tatuaggi. Ho scelto questo qui perché mi piaceva la sua espressione. – afferma battendo il palmo della mano sulla spalla tatuata

- Quanto hanno impiegato per farti questo tatuaggio?

- Ho iniziato il tatuaggio quando avevo 16 anni, ma mia madre lo ha scoperto e mi ha sbattuto fuori di casa. Sono riuscito a terminarlo dopo due anni.

- A quante sedute hai dovuto sottoporti in totale?

- Quattro. Il primo tatuatore era un tizio di Praga di circa 35 anni, mi ricordo che aveva dei cerchi tatuati sul braccio. La seconda era una ragazza, una vera pin up.

- E poi?

- La terza seduta si è svolta a Parigi, ma il tatuaggio è stato ultimato a Rotterdam. Entrambi questi due tipi erano devastatissimi di piercing e tatuaggi.

Resto ammutolita per qualche secondo, consapevole dell’abisso che separa le nostre vite e dell’inverosimilità della nostra conversazione.

- Hai viaggiato tanto?

- Sì, perché non avevo niente di meglio da fare e volevo conoscere. Sono stato in Ungheria, Slovenia, Polonia, Rep. Ceca, Olanda, Francia, Spagna , Portogallo.

Si porta una mano al grosso divaricatore dell’orecchio destro.

- Sono stato anche in prigione.


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