Ho volutamente fatto passare un po’ di tempo prima di scrivere queste due righe. In realtà ancora adesso non so perché le scrivo… forse perché ne sento il bisogno, e quando si sente il bisogno di fare certe cose, non si sbaglia mai.
Ho iniziato a seguire il blog di Arrigoni un annetto fa, ma solo ultimamente mi sono interessato da vicino al suo impegno in Palestina. Da circa un mese ricevevo regolarmente gli aggiornamenti della sua pagina su Facebook, un flusso inesauribile di notizie scomode dalla striscia di Gaza, un diario fatto sempre di parole tristi ma pacate, che riuscivano a trasmettere la rabbia per le ingiustizie perpetrate ma mai l’odio. Era questa la cosa che mi ha impressionato fin dall’inizio di questo ragazzo che non ho mai conosciuto ma che, seguendolo, mi è sembrato quasi di conoscerlo.
Mi colpì moltissimo il video su Saviano in cui Arrigoni invitava lo scrittore a ripensare la sua visione di Israele. Il messaggio, ormai cliccatissimo su Youtube, pur essendo un’aperta accusa alla miopia dell’autore di Gomorra, era chiaramente un gesto di incontro. Il suo atteggiamento sempre molto rilassato, positivo e aperto al confronto me lo ha subito reso molto simpatico. Da allora ho cominciato a seguirlo più da vicino.
Il personaggio era forte (potremmo dire “cool”, anche se forse non l’avrebbe gradito) ma di sicuro genuino. Un look giovane, ribelle ma in qualche modo aristocratico, con l’immancabile pipa e l’erre moscia che gli dava un ché di serio. Impossibile non farsi affascinare dalla sua caricatura alla Corto Maltese.
La notizia della sua morte, appresa immediatamente la mattina del 15, mi è arrivata come un cazzotto in faccia. Mentre cercavo di fare i conti con le mie emozioni, ho cercato di razionalizzarle, come fanno spesso gli uomini (beate le donne che, nella maggior parte dei casi, preferiscono cavalcare l’onda delle emozioni!). Come poteva farmi star male una notizia del genere, mi chiedevo. In fondo quel ragazzo, per quanto simpatico e coraggioso, non l’avevo mai conosciuto. Eppure quello che sentivo era la stessa sensazione che si ha quando una persona cara ci lascia. Mi è dispiaciuto davvero, e credo sia giusto ammetterlo senza pudore. La morte di Vik Arrigoni mi ha toccato profondamente.
Insieme a questa confessione vorrei solo aggiungere un paio di cose, briciole di opinioni che lasciano il tempo che trovano. Non sono un giornalista, non conosco a fondo il problema Palestinese e gli affari geopolitici del medio-oriente (anche se forse ne so più di tanta gente). Senza cercare di fare alcuna congettura su chi può avere ucciso Arrigoni, chi siano stati i mandanti e a chi era scomodo il suo lavoro… vorrei solo puntare il dito su ció che mi infastidisce di più di tutta questa brutta storia, e cioé che nell’immaginario dell’italiano medio si sta formando la convinzione che il povero (ingenuo, dierbbero loro) pacifista si sia fatto fregare dalle stesse persone che lui difendeva. Pensare una cosa del genere, dopo il suo grande sacrificio, è la cosa più orribile che si possa fare. Significa ucciderlo una, due, forse cento volte ancora. Significa sputare sul suo cadavere, calpestargli i fiori sulla tomba, offenderlo davanti alla sua famiglia, e ridere in faccia a tutti coloro per cui ha dato la vita.
Per conto mio, credo che una cosa terrificante come l’omicidio abbia sempre un movente, e l’odio é un movente molto comodo, ma sempre poco plausibile, nonostante quello che ci possano far credere giornali, televisioni e film americani.