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Un'unica leggera cucitura (Orlando, cap. II)

Creato il 29 gennaio 2012 da Spaceoddity
Un'unica leggera cucitura (Orlando, cap. II)Non leggo mai senza una matita. La porto sempre con me, insieme ai romanzi e ai mille segnalibri di cui li imbotto. Anche quando sono per strada. Mentre aspetto. Perché c'è una frase che può colpirmi, una frase che può parlarmi. E allora la segno, la segno senza alcun senso del candore della pagina, senza alcuna previsione del mio futuro su quel libro. E, va da sé, talvolta sbaglio: come ieri, per esempio. Nel tratteggiare un intero paragrafo del primo capitolo di Orlando, la mia matita malaccorta è scivolata per un bel tratto lungo l'impaginato. Un lungo segnale obliquo mi accompagna dalle prime pagine del romanzo.
È l'emergenza del libro, di questa mia lettura capricciosa, di un incontro furtivo posticipato senza senso un po' troppo a lungo. È  la dimestichezza con Orlando, con questo fascinoso giovane dall'indole poetica, con quest'anima sazia e languorosa, che si danna d'amori e s'incapriccia della parola, che si rifugia nell'astinenza, nel rigore della scrittura, nel tradimento della gloria. Un uomo investito dal suo sonno, risvegliatosi a ben altre mire, e dimentica le vecchie. Orlando non s'occupa della sua vita, ma del vivere, né di belle lettere, ma del poetare. La sua storia, tessuta dall'immaginifico, sofisticatissimo sorriso di Virginia Woolf, emerge allo sguardo ironico del lettore, per via di un'unica leggera cucitura: la memoria di chi porta Orlando con sé.

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