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“Un uomo” di Oriana Fallaci, l’incorreggibile Panagulis

Creato il 14 dicembre 2011 da Sulromanzo

Alekos Panagulis, Oriana Fallaci, Un uomoSe oggi pronunci il nome del poeta e rivoluzionario greco Alekos Panagulis, probabilmente in tanti si chiederanno “Ma chi è costui?”, sbeffeggiando la memoria della storia.
Mi sono imbattuto, qualche anno fa per la prima volta, in questo eroe ormai leggendario, quando mi fu recapitata una mail, il cui mittente usava come pseudonimo proprio Alekos Panagulis. Lì per lì non mi sono certo preoccupato di cosa potesse rappresentare o perché il mio amico avesse scelto proprio quell’alias, ma dopo qualche tempo, come spesso mi accade, mi sono sentito incuriosito e attratto dalla sua scelta. Ho provato a chiedergli spiegazioni, ma mi sono sentito rispondere con tono ironico: “Perché la sua storia e la sua vita sono piuttosto incorreggibili!”.

Incorreggibile? Ma cosa voleva dire con quell’aggettivo buttato lì, forse senza nemmeno averci riflettuto tanto? È a questo punto che mi è venuto in mente di riprendere a leggere Un uomo di Oriana Fallaci, che da troppo tempo giaceva su uno dei tanti scaffali della mia libreria. La figura di Alekos Panagulis, il fiero oppositore della dittatura greca, trova, nella narrazione della Fallaci, la sua celebrazione come eroe pronto a pagare, con una tragica e lunga carcerazione, il fallito tentativo di sovvertire il regime. La Fallaci riesce a regalare a colui, che è apparentemente sconfitto, il dono dell’eternità eroica.

Un uomo è la celebrazione postuma di Alekos Panagulis, scritta da chi per tanto tempo è stata al suo fianco come amica e compagna, prima di sentirsi addirittura un’estranea, incapace di riconoscere in lui l’uomo che aveva amato, rimpicciolita nel proprio ego di fronte ad un eroe la cui libertà coincideva con la convinzione che tutto fosse stato inutile. Panagulis sentiva che il suo sacrificio e la sua scarcerazione non avevano condotto la Grecia alla reale libertà, ma solo ad un altro regime camuffato da governo libero, che rappresentava l’esatta prosecuzione del precedente.
Non si tratta di una biografia, ma piuttosto di un racconto, in cui l’autrice si pone come narratore interno, laddove è lei stessa a vivere le esperienze raccontate; diventa, invece, narratore esterno, quando il suo punto di vista prescinde dal racconto della vita del suo uomo e diventa, così, tentativo di comprenderlo.

Non appena ho iniziato a leggere Un uomo, per un attimo Oriana Fallaci non mi è apparsa più tremebonda come ne La rabbia e l’orgoglio, addirittura troppo snob e antipatica, ma l’ho vista nella sua dimensione di donna. Non mi meraviglio affatto che, alla sua uscita nel 1979, sia seguito un così largo successo di pubblico. Oriana Fallaci e Panagulis, mai connubio più strano o, forse, sarebbe meglio dire più affascinante in quanto a stranezze. Entrambi rappresentano l’apice di un periodo e di una storia che non ha eguali. In quello stesso periodo, quando, durante le lezioni di epica con i miei studenti, mi sono trovato a riprendere alcuni passi dell’Iliade e dell’Odissea, ho avuto sempre l’impressione che prima o poi sarebbe spuntato un Panagulis intento a organizzare uno dei suoi tanti tentativi di lotta e di scontro. Non è un caso, infatti, che Alekos in Un uomo abbia i connotati caratteriali ed emotivi dell’eroe classico e la stessa struttura narrativa abbia una netta impronta mitopoietica Lo scorrere della vicenda segue, infatti, il disegno classico dell’epopea. Sembra che non ci sia un luogo o un tempo definito, ma vi sono i protagonisti, Panagulis e l’opposizione al regime, poi gli antagonisti, il regime stesso, e, infine, una morale.

Alekos Panagulis
Oriana Fallaci è riuscita a costruire il mito di un eroe moderno, che, come Don Chisciotte, aveva un nemico dai contorni opachi e non delineati: ora il regime, ora i suoi carcerieri, ora i servi del potere. A volte si fa persino fatica a capire perché, per esempio, Panagulis sia arrivato a scagionare i suoi carcerieri, non riconoscendo più un legame tra la sua battaglia ideale e quella dei giudici, che prima erano stati succubi della dittatura greca al punto da rappresentarne lo strumento più importante, e poi si erano fatti garanti del cambiamento.

Incorreggibile, appunto: mai aggettivo fu più appropriato per un uomo che non si è voluto arrendere nemmeno di fronte alle sue paure. I mulini a venti, Panagulis li aveva di fronte e li aveva dentro e, dunque, la sua lotta era contro tutto; solo la sua misteriosa morte lo ha sollevato. La sua prigionia è stata più libera della sua vita da libero, sentendosi sempre incarcerato nel suo donchisciottismo. Un eroe moderno, però, di cui le cronache stentano a trovare eredi. La Fallaci racconta del suo amore per lui, riconoscendogli tutte le caratteristiche che aveva trovato affascinanti e incorreggibili nei tanti eroi che aveva intervistato.
Oggi, oltre che in una mail dove troviamo Panagulis? Dove le sue grandi battaglie trovano compimento? Belle domande che danno il senso di una vita e di un uomo veramente incorreggibile che purtroppo spesso viene dimenticato. Il suo sacrificio, la sua carcerazione e, infine, la sua morte non sarebbe il caso di rivederli e di inquadrarli in una dimensione nuova?

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