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Un viaggio con Francis Bacon, di F. Krauspenhaar

Creato il 23 settembre 2014 da Annalina55

franzkrauspenhaar

Franz Krauspenhaar (Avanzi di balera, Era mio padre, L’inquieto vivere segreto), è uno scrittore milanese dal talento eclettico, e la sua biografia ne è la prova. Ha lavorato in ambito commerciale in vari settori merceologici, anche se la sua carriera in qualità di scrittore ha inizio solo alla fine degli anni ’90, pubblicando il suo primo libro a 39 anni. Ad oggi il suo estro creativo ha all’attivo: otto romanzi, un saggio narrativo, quattro libri di poesie e una serie di collaborazioni per la stesura di raccolte poetiche e narrative. I romanzi di Franz Krauspenhaar sono spesso delle autofiction ed egli è solito raccontare le sue storie attraverso la voce in prima persona. Il maestro indiscusso al quale Krauspenhaar sembra riferirsi per quanto riguarda lo stile, la discorsività libera e priva di tabù e colore della pagina è lo statunitense Henry Miller, scrittore altrettanto poliedrico. Tuttavia tra gli autori di riferimento primeggiano altri ‘grandi maestri’ che non possono non essere menzionati, ovvero: Thomas Bernhard, Heinrich Böll, Samuel Beckett, Dürrenmatt e Celine. Dalle premesse sin qui enunciate è possibile dedurre la densità della scrittura dell’autore milanese e apprezzarne al tempo stesso la capacità narrativa fuori dal comune.

Con Un viaggio con Francis Bacon (2010), l’autore propone un viaggio nell’arte di Francis Bacon ma non solo. Infatti all’interno di questa cornice, il narratore intraprende un percorso interiore che si traduce in una ricerca personale nei meandri dell’anima di un artista tra i più complessi e affascinanti. Se l’arte di Bacon nasce dal dolore, dall’ossessione e dalle ferite, non si può restare immacolati da tale contatto che finisce con lo “sporcare” anche il lettore.

Ebbene, la scrittura quando si eleva ad Arte riesce a operare anche questo piccolo miracolo. La narrazione è impressionistica, spazia e comunica con il cinema e la musica, e l’autore, quasi si avvalesse di una macchina da presa, realizza un cortometraggio in prosa. Egli dà voce al dolore muto dell’artista, disserta intorno all’opera d’arte ed evita con estrema padronanza la mera celebrazione fine a se stessa. Quella di Krauspenhaar è una prosa critica che di conseguenza evoca e celebra con maestria il potere che l’arte può esercitare, ovvero racchiudere in sé una miriade di mondi, avviare un dialogo tra le arti laddove matrice è il dolore che si fa ossessione, il sacrificio della parte più profonda dell’artista, quella parte dell’io che resta pur sempre tormentato nonostante il tentativo catartico operato attraverso la creazione artistica.

A tal proposito, potrebbe essere utile riportare alcuni versi di Sergio Corazzini e Aldo Palazzeschi i quali ben si prestano a chiarire ulteriormente tale concetto, quando cantavano:

“Il mio cuore è una rossa/macchia di sangue dove/io bagno senza possa/la penna, a dolci prove/eternamente mossa”.

O ancora:

“Io metto una lente/Dinanzi al mio core,/per farlo vedere alla gente./Chi sono?/Il saltimbanco dell’anima mia”.

Viaggiare con Francis Bacon, toccare le sponde del cinema, della letteratura, dell’arte e della musica significa scrutare all’orizzonte il vuoto,  guardare in faccia alla contemporaneità, attraverso la mescolanza di stili letterari e strutture narrative diverse; è un racconto molto personale in forma di saggio, alla ricerca della bellezza dell’inquietudine, della sconfitta, di un certo coinvolgimento nella purezza da parte del dolore e del male.

Dice lo stesso  Krauspenhaar:

“L’uomo baconiano è tutti e nessuno, ora l’ho capito. È il venditore in Mercedes incontrato a fine inverno davanti al tabaccaio, ma è anche John Kennedy nel pieno della sua morte violenta. È il ragazzo del Vietnam vittima di uno scontro a fuoco. È addirittura la testa pelata del colonnello Kurtz impersonato da Marlon Brando in Apocalypse now. La filosofia di Kurtz, esplicata nel suo monologo, è una filosofia dell’accettazione della morte e soprattutto dell’assassinio senza riguardo che non è nemmeno immorale, è semplicemente lineare, fino a raggiungere proprio una non sottile linea di straordinaria purezza”.

 


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