La psoriasi è una malattia della pelle, non contagiosa, caratterizzata da fasi di remissione e di riacutizzazione, nonchè da una grande varietà di manifestazioni cliniche. La più comune è caratterizzata da chiazze rosse coperte da strati squamosi secchi di color argento, grandi da pochi millimetri a diversi centimetri. Le zone del corpo interessate sono in genere quelle corrispondenti alle sporgenze ossee (ginocchia, gomiti, mani), ma è possibile riscontrare la patologia anche nel cuoio capelluto, nella regione lombo-sacrale, dietro le orecchie e nei piedi. Le squame rappresentano la conseguenza di un’accelerazione nel processo di ricambio cellulare. Quest’ultimo generalmente avviene in 28-30 giorni ma nella psoriasi la sostituzione cutanea completa con nuove cellule avviene in appena 5 giorni, ed è evidente proprio attraverso la desquamazione.
La psoriasi ha uguale probabilità di manifestarsi sia tra gli uomini che tra le donne, ma nelle donne sembra insorgere più precocemente. In generale, la patologia può evidenziarsi in qualsiasi momento della vita, persino nei primissimi mesi. Ha caratteri di familiarità: infatti, i pazienti solitamente hanno parenti affetti dalla stessa dermopatia. Oltre a fattori genetici predisponenti, esistono per la psoriasi anche fattori esterni scatenanti (es. stress, infezioni, traumi fisici). Il ruolo dello stress non è stato stabilito con certezza, ma l’analisi della letteratura suggerisce che lo stress dovuto ad importanti eventi di vita ed alcuni tratti di personalità, come la difficoltà nell’esprimere emozioni, possono giocare un ruolo nello scatenarsi della patologia. Diversi studi hanno evidenziato la comparsa dell’episodio psoriasico proprio due o tre settimane dopo il fenomeno stressante.
Proviamo adesso ad utilizzare l’analogia, la metafora… Quale significato psicologico possiamo attribuire a questa patologia della pelle? Abbiamo detto che in alcune parti del corpo troviamo degli inspessimenti squamosi, che nascondono un eritema spesso pruriginoso o bruciante. Considerando che la pelle rappresenta una sorta di confine permeabile con il mondo esterno, possiamo ipotizzare che la corazza formata dalle squame psoriasiche serva a ridurre gli scambi emotivi – ritenuti pericolosi – con l’ambiente circostante. Diversi studi hanno infatti evidenziato tratti psicologici comuni tra i pazienti psoriasici ed in particolare: forte ansietà, fatica ad esprimere le emozioni in maniera diretta e difficoltà a mettersi in gioco nelle relazioni. Possiamo quindi ipotizzare che il soggetto, attraverso la psoriasi, abbia costruito (non consciamente, s’intende!) una corazza difensiva tra sè ed una o più situazioni fuori da sè percepite come pericolose. I sentimenti che non è possibile manifestare agli altri, ma ancor prima a se stessi, rimangono “intrappolati” come lava incandescente (le chiazze erimatose) sotto il tappo (inspessimento squamoso) di un vulcano.
Un intervento psicologico può essere utile? Abbinare un sostegno psicologico alle cure dermatologiche può sicuramente aiutare il paziente a gestire meglio non solo lo stress legato alla malattia e alle relative terapie mediche ma anche il disagio relazionale che deriva dal sentirsi esteticamente “danneggiati”. Non dimentichiamo inoltre che un supporto psicologico può anche aiutare l’individuo a sgretolare pian piano la corazza che lo avviluppa e che l’ausilio di alcune tecniche di rilassamento ha effetti positivi sull’evoluzione della patologia.
(Tratto da “La psoriasi: una malattia psicosomatica” – G. Tornello, 2003)