Come viene ripetuto più volte, per aumentare la diffusione delle energie rinnovabili e la loro integrazione nelle reti elettriche, ci sono diverse sfide che vanno affrontate; una delle maggiori è quella che riguarda l'intermittenza delle fonti: come fare quando il vento non soffia e il sole non splende? Ma c'è anche un'altra sfida importante: quella che riguarda la decarbonizzazione e quindi il costo di cattura e stoccaggio sotterraneo della CO2.
Sono questi i due quesiti ai quali i ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory, dell'Ohio State University, della University of Minnesota e della TerraCOH, pensano di aver trovato una risposta. Nel documento che questa squadra ha pubblicato sulla rivista Mechanical Engeering si parla di un sistema energetico sottoterra che potrebbe sfruttare la geotermia per immagazzinare energia dalle fonti fuori terra e inviarla alla rete durante l'anno, come una batteria sotterranea massiccia e, nello stesso tempo, catturare l'anidride carbonica dagli impianti termoelettrici.
L'approccio di questo team di ricercatori consiste nell'iniettare CO2 liquida in serbatoi sotterranei situati nelle roccia sedimentaria, creando una penna pressurizzata che spinge la salamoia (fluido vettore che consiste in una soluzione di acqua e antigelo) fino ai pozzi di produzione in superficie. La salamoia può essere riscaldata e re-iniettata nel giacimento per immagazzinare energia termica, e la CO2 pressurizzata può agire come un ammortizzatore, consentendo al sistema di essere caricato o scaricato a seconda della domanda e dell'offerta (per evitare troppa pressione e mantenere il controllo della gestione, parte della salamoia può essere deviata e trasformata in acqua attraverso la dissalazione). Quando l'energia rinnovabile è insufficiente, la CO2 pressurizzata e la salamoia possono essere rilasciate e convertite in energia.
Secondo i modelli fatti al computer, la quantità di CO2 che potrebbe essere conservata sottoterra da questo sistema dovrebbe raggiungere una quantità di almeno 4 milioni di tonnellate all'anno per più di 30 anni, l'equivalente dell'impatto di una centrale a carbone di 600 MW.
Dopo sette anni di sviluppo, quest'idea sta attirando l'attenzione dell'industria e il Dipartimento dell'Energia, attraverso l'ufficio responsabile dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili, ha deciso di finanziare lo studio.
21-01-2016