Celebro Paolo Borsellino leggendo e rileggendo cose che lo riguardano. Ad esempio ho trovato un articolo di Felice Cavallaro sulla polemica tra il giudice e Leonardo Sciascia, che il 10 gennaio 1987 uscì sul Corriere della Sera con il celebre “I professionisti dell’antimafia”. Cavallaro fu inviato a Palermo nel 2005 per seguire la campagna elettorale di Rita Borsellino, candidata dell’Unione alla presidenza della Regione Siciliana. La sorella del magistrato disse che Borsellino e Sciascia “si spiegarono”. E il cronista indagò sul “retroscena ignorato di una storia soffocata e annebbiata dalla tragedia siciliana che a volte deforma il ricordo delle parole”. Una bella foto ANSA ritrae i due interlocutori a pranzo, nel gennaio del 1988. Nel 1991 Borsellino, commemorando lo scrittore nella sua Racalmuto, impresse un sigillo sul chiarimento cominciato a Marsala tre anni prima: “Scontro fra me e Sciascia non ve ne fu. Intanto, perché io stetti silenzioso, anzi colsi l’occasione subito dopo per indicare in Sciascia la persona che aveva estrema importanza nella mia formazione e anche nella mia sensibilità antimafia”. Borsellino comprese dalle vive parole di Sciascia che il maestro con il suo articolo mirava a ben altro. A una certa retorica dalla quale gli stessi figli del giudice prendono decisamente le distanze. Dopo l’esperienza come assessore della giunta Crocetta, Lucia Borsellino chiude con la politica e torna ad essere la figlia di Paolo: “E, in nome dei suoi semplici insegnamenti, chiedo a tutti di non invitarmi, il 19 luglio, alla commemorazione di via D’Amelio. Non capisco l’antimafia come categoria, come sovrastruttura sociale. Sembra quasi un modo per cristallizzare la funzione di alcune persone, magari per costruire carriere. La legalità, per me, non è facciata, è una precondizione di qualsiasi attività.”