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Una calamità chiamata Silvio e un Robin Hood di nome Giulio
Creato il 30 giugno 2011 da Massimoconsorti @massimoconsortiIl vizietto di infilare leggi pro-Capo dappertutto è duro a morire. Loro ci provano poi, come va’, va’. A volte ci riescono, anche se devono ricorrere al voto di fiducia, in altre occasioni la cosa diventa difficile soprattutto se più di 20 deputati decidono contemporaneamente di avere una gran voglia di caffè. Ieri pomeriggio a Montecitorio sarà stato il caldo, sarà stata la cipicchia post-prandiale, al momento del voto sull’articolo 1 del provvedimento UE (sic!), il governo è andato clamorosamente sotto. Quella di ieri doveva essere una normale seduta per il recepimento di norme comunitarie ma, ancora una volta, si è trasformata nel festival delle paraculate “aggratis”. Con la scusa delle norme europee, gli amici di quello che qualche giorno fa ha detto “Non mi sottrarrò più alle udienze dei miei processi in tribunale”, hanno provato ad infilare una norma secondo la quale un giudice che impiega più di due anni per arrivare alla sentenza di primo grado (quindi tutti), dovrà pagare all’imputato i danni in solido e di tasca propria. La cosiddetta “responsabilità civile dei giudici” esiste già dal 1988, quando Giuliano Vassalli la varò, ma per Mr. B. e i suoi è troppo morbida e va adeguata alle nuove esigenze di mercato, soprattutto quello del premier. In mattinata, il governo era già andato sotto sulla norma dell’etichettatura dei prodotti alimentari salvo recuperare qualche presenza sugli altri provvedimenti (mangimi, contrasto all'evasione Iva, etichettatura vini, importazione di legnami, specie autoctone, inquinamento acustico, difesa del suolo e gestione risorse idriche, emissioni industriali, prodotti fitosanitari, etichettatura dei prodotti alimentari, rifiuti delle industrie estrattive). Nel pomeriggio invece, al momento del voto sull’intero articolo 1, la debacle. Dai banchi dell’opposizione c’è stato un urlo simile a quello seguito al gol di Tardelli ai Mondiali dell’82, e l’invito da parte di Franceschini e Donadi di dimissioni. Di corsa è arrivato alla Camera il presidente Berlusconi che, spaventatissimo, ha detto ai suoi: “Se continuiamo così ce ne andiamo a casa”. Più lapidario il giudizio di Bossi: “...orc...otto...è...at...incid...orc...”. Tutto questo avviene mentre si fanno più chiari i contenuti della manovra economica “anti future generazioni”. Tanto per avere la conferma che abbiamo un premier contaballe, ci siamo ricordati di quando, in uno dei suoi deliranti discorsi elettorali, definì i ticket sanitari una “vergogna” e lo sono a tal punto che il ministro dell’economia ha deciso di reinserirli a partire dal 2012: 10 euro per le visite mediche, 25 in caso di “codice bianco” al pronto soccorso; i pensionati sono avvisati, se avete un leggero mal di testa accompagnato da un capogiro, tenetevelo in attesa che si trasformi in un ictus, se avvertite un dolore al petto che inizia a colpire il braccio sinistro non fateci caso, meglio un infarto (codice rosso e quindi gratuito) che non fare la spesa per una settimana. Una delle perle della manovra resta comunque quella legata alla riorganizzazione della macchina giudiziaria. Con la scusa di razionalizzare i costi delle giustizia, il governo cerca di far passare ancora una volta la norma sul processo breve (anzi brevissimo) che indovinate un po’ a chi interessa? Mavalà! A lui, e nonostante 25 milioni di italiani gli abbiano recentemente scritto che non ne vogliono più sapere di leggi ad personam e che la giustizia è uguale per tutti (tanto che si chiama apposta "giustizia"). Lo ha immediatamente denunciato Antonio Di Pietro il quale evidentemente ha, ogni tanto, un rigurgito dell’oppositore che fu e che ha detto: “Che c’azzecca con la manovra il processo breve che serve a garantire l’impunità del presidente del consiglio?” Considerata la sua recente conversione alla moderazione, il capo dell’Idv che si è posto la domanda dovrebbe anche darsi una risposta. Ma della manovra economica non tutto è da buttare. Ci sono un paio di provvedimenti che se Tremonti decidesse di portarli avanti fino alla fine, cioè all’approvazione, si prenderebbe anche il nostro timido plauso. Sono anni ormai che ci chiediamo dove cazzo vada la signora Pina con il suo Suv. La vediamo ogni mattina salirci su faticosamente, spingerci dentro i figli, accompagnarli a scuola e poi, una volta tornata a casa, occupare tre posti del parcheggio perché non ha ancora imparato come si ormeggia un rimorchiatore. Sono anni ormai che ci domandiamo a cosa servono i Suv e di che tipo di intelligenza sono in possesso coloro che li acquistano. I primi tempi ci dicevano che i principali acquirenti erano uomini frustrati dalla pochezza del proprio pene che riversavano sul Suv la loro voglia di potenza sessuale. Poi ci hanno detto che le donne che li acquistavano lo facevano per sopperire alla mancanza di potenza sessuale dei loro partner, il fatto è che con il passare del tempo il Suv è diventato un oggetto simbolo. A prescindere dal posto in cui si abita, del parcheggio a disposizione, dal fatto che nessuno azionerà mai la trazione sulle quattro ruote, il possesso del Suv è diventato un modo per guardare dall’alto in basso i proprietari di utilitarie, i pensionati in Panda, i ragazzi in Smart o in 500 Fiat, gli idioti con la Mini tetto rosso a pois bianchi. Il Suv è davvero un simbolo di potenza, scoraggiato, qualche volta, dalla vicinanza di un Tir o un cabinato alla Nino Patrovita (il Giancarlo Giannini del “Bestione”), un’automobile che non serve a niente se non a far incazzare coloro che vorrebbero parcheggiare le loro misere quattroruote “basic” e non riescono mai a trovare un buco. Ebbene, Tremonti ha deciso di tassarli aggiungendo un sovrapprezzo al bollo di circolazione quando sarebbe stato più logico, visto che il bollo ormai non lo paga più nessuno, tassarli al momento dell’acquisto. Mutatis mutandis, ci siamo sempre chiesti dove cazzo vada il signor Michele con la sua due alberi ormeggiata al porto turistico manco fosse Ikarus. Il signor Michele è uno di quelli che, al massimo, la tiene come un pied-à-terre buono per una cornificata una tantum alla signora Pina (quella del Suv). Non avendo a disposizione neppure una sottocoperta di dimensioni umane accettabili, al signor Michele non sarà mai dato di assistere a un bacio saffico come quello fra Ruby e Nicole Minetti messo in scena per far arrapare ”Black&Decker” (il soprannome che Patty D’Addario ha dato al premier), tutt’al più gli sarà concesso una masturbatina con lo spogliarello di una escort in là con gli anni e con la dentatura rifatta grazie al contributo del suo ex amante parlamentare. Tremonti insomma tasserà anche le barche e, per essere giusto, pure i mosconi, i pedalò e i canotti. E che cazzo, sempre per mare vanno.
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