Non mai paghiamo abbastanzaQuello che dovrebbe esserci pagatoIn ogni caso: ché, quand'anche amica,Potremmo odiare in sé la vita.
Neppure un fatuo gioco ci è concesso
Senza che ci divenga in breve trattoUna camicia di Nesso.Tommaso Landolfi, Viola di morte, Adelphi, Milano 2011Anni fa, molti, per fuggire l'amore non voluto di una ragazza che ahimè non amavo e che forse avrei fatto bene ad amare, mi ritrovai a Spoleto, al Festival dei Due Mondi. E mi ricordo che, una sera, volevo andare alla prima italiana (o alla seconda, non importa) di un'opera lirica del compositore e fondatore del festival, Gian Carlo Menotti.L'opera s'intitolava Goya e non è che m'interessasse molto, ma speravo comparisse sulla scena una Maja, desnuda o meno. Devo essere sincero: dell'opera non mi ricordo granché. Mi ricordo tuttavia che, per l'occasione, nel pomeriggio di quel giorno, mi pare un sabato, andai in un negozio di abbigliamento del centro a comprarmi una camicia bianca, per darmi un tono.Mi sedetti - e vi prego di credermi - proprio alle spalle di Renato Nicolini (che era accompagnato da una imprecisata signora acculturata) e due posti a lato di Claudio Sorrentino, il famoso doppiatore (lo riconobbi perché era sabato sera e mi disse che aveva due linee di febbre).Durante la rappresentazione, al primo atto, presi a grattarmi, non solo le palle dalla noia, ma anche altre parti del busto, tra petto e ascella. Fastidiose punture d'insetto mi provocavano infatti prurito - e io, in mancanza di meglio, mi grattavo.Alla fine del primo atto, mi recai nell'atrio per prendere qualcosa da bere. Mentre mi avvicinavo al bancone, notai che il barista mi guardava meravigliato e non capivo perché, mica ero uno famoso. Mentre aspettavo il mio turno per ordinare, guardando allo specchio dietro il bancone, notai che la mia camicia rifletteva delle strane macchie rosse: era tutta imbrattata di sangue.Corsi in bagno, mi tolsi giacca e camicia e presi a lavarmi al lavandino di tutti i sanguinamenti dovuti allo scrostamento delle punture. Mi asciugai, mi rimisi la giacca soltanto e mi recai alla cabina telefonica a gettoni situata in un angolo dell'antibagno. - Pronto Deianira?- Ah, sei tu? Sei sempre vivo?