The Last Supper, L’Ultima Cena, è un film del 1995 di Stacy Title. In Italiastan è stato distribuito come Una Cena quasi perfetta. Non sto neanche a dirvi il perché. Ma è sintomatico di una censura così idiota, ravvisabile anche oggigiorno, da rasentare la sciatteria e da sfondare abbondantemente il ridicolo.
Tra l’altro, chi a suo tempo operò questa scelta, è certo che non abbia visto il film. Perché, secondo la logica del film, costui/costei, il responsabile insomma, sarebbe quasi sicuramente finito a cena invitato dai protagonisti e fatto fuori con l’arsenico. Ah, a volte le coincidenze sono davvero beffarde.
Comunque, questa non vuole essere una recensione in senso stretto, ma un articolo del sabato, veloce, con qualche spunto di riflessione.
Questo film lo adoro, per poche ragioni, ma importanti.
1) i protagonisti sono tutti odiosi, persino il più simpatico è uno che accoglieresti a colpi di roncola
2) i cattivi sono i liberal-democratici. E lo sono davvero, ma con quel bel rimorso di coscienza che li rende anche peggiori
3) alla fine trionfa il male. E il male ha una raffigurazione talmente bella, innocente e affascinante, che si accetta come ineluttabile il finale, così com’è. Non può esserci una conclusione migliore, giusta, equilibrata.
4) Ron Perlman in una interpretazione, il predicatore televisivo Arbuthnot (notate il gioco di parole: Ar – are (sono), buth – but (ma), not (non sono). In riferimento a tutti i discorsi affrontati nel film, ma anche ai cinque protagonisti, illusi e frustrati.
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In sostanza, cinque studenti post-laurea, che vivono insieme, organizzano ogni sabato una cena con un ospite portato a turno da ognuno di loro. L’ospite è scelto con criterio, di solito è un imbecille che possiede e promulga idee aberranti su politica, sessualità, religione.
I cinque intavolano una discussione, insieme all’ospite, su questi temi scomodi, tentando di riportarlo sulla retta via, la loro, quella dei liberali, e, nel caso in cui l’ospite non mostri segni di pentimento o di riflessione, propongono un brindisi, dandogli da bere vino con l’arsenico.
I cinque ci prendono gusto, e a quel punto, la scusa di ripulire il mondo da individui spregevoli non occorre più. Si fa fuori chiunque non abbia idee liberali, persino chi è colpevole di disprezzare Salinger e il suo Il Giovane Holden. I cadaveri, che ben presto raggiungono la decina, finiscono seppelliti nel giardino, in fosse sulle quali vengono coltivati pomodori, rossi e carnosi, a causa del concime extra. Pomodori che i nostri mangiano e che danno in pasto agli ospiti successivi.
Fin quando non giunge a cena il nemico pubblico numero uno, il tele-predicatore Arbuthnot (Perlman), che dal suo studio si scaglia contro gay, religione, contro ogni minoranza etnica e via dicendo e, sorpresa, si dimostra saggio e ragionevole in tutto, spiazzando i cinque e mettendoli uno contro l’altro.
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Ora, la cosa bellissima di questo film, è che, quello di invitare a cena e zittire persone le cui idee sono palesi idiozie, è un pensiero che facciamo tutti. Magari non nella stessa forma, magari non una cena. Ma l’idea di mettere a tacere quelli che ci fracassano le palle con stupidaggini ce l’abbiamo. Tutti. Persino chi, tra di noi, si professa il più liberale e tollerante possibile.
Non vuol dire che saremmo davvero capaci di proporre il brindisi, e di coltivare pomodori, ma il pensiero, di sicuro, c’è. Specie se abbiamo a che fare con il nostro Arbuthnot personale, tronfio, arrogante, sicuro di sé. Che non si arrende all’evidenza delle sue cazzate.
Ecco, io una lista di invitati ce l’avrei:
chi vuol censurare la Divina Commedia
chi vuol imporre una cultura su un’altra preesistente
chi passa la vita a parlare di come fottere il prossimo
ogni tipo di luddista
chi consulta i manuali pure prima di farsi la fidanzata
etc…
etc…
etc…
Cose così. Una bella cena a base di pomodori. E poi un brindisi. E mi considero un liberale pure io, badate bene. Ma credo che, in fondo, “proverei a ragionare con loro, discutere, provocare cambiamenti attraverso un dibattito intelligente”. Dopo di ché mi fumerei un sigaro e mi candiderei a diventare Presidente… E ora, musica.
E voi, chi invitereste a cena?