Il mercoledì è il giorno stabilito da un gruppo di amici, benestanti e decisamente annoiati, per organizzare un simposio, la cosiddetta “cena dei cretini”, al quale i partecipanti portano, come da consolidata tradizione, qualcuno che, reputato stupido, possa essere sadicamente deriso per tutta la serata. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco! Il “cretino” di turno riesce, infatti, a ribaltare la situazione passando, per così dire, da vittima a carnefice, in un crescendo di errori, gag e malintesi veramente divertenti. Questa, per sommi capi, la trama de “La cena dei cretini”, commedia che il Teatro Duse offre al suo affezionato pubblico in attesa del capodanno. Scritta dal francese Francis Veber negli anni ‘90, è diventata un vero e proprio cult dopo esser approdata sul grande schermo nel 1998 per la regia dello stesso Veber (recentemente è stata ripresa da Hollywood con il titolo “A cena con un cretino”, pellicola che, diretta da Jay Roach, vanta la presenza del simpaticissimo Steve Carell). Confesso che era da diverso tempo che non mi divertivo così ad uno spettacolo. Ho riso fin quasi alle lacrime, e con me tutti i presenti che, e lo diciamo senza timore di essere smentiti, non potevano reagire in modo diverso alla visione delle situazioni paradossali che i protagonisti della grottesca vicenda sono costretti, loro malgrado, a vivere. Resteranno ben impresse nel ricordo le gag che trasformano il signor Pignon, il cretino di turno, nell’autentico mattatore di una serata sui generis, che regala prima sorrisi e poi risate a scena aperta, risate che si placano solo al calare del sipario, sostituite da interminabili e convinti, scroscianti, applausi.
La trama è certo semplice, ma comunque di grande impatto comico, come si addice alle migliori commedie: Andrea Brambilla (che ha curato anche la regia dello spettacolo) e Nino Formicola, meglio noti al grande pubblico come Zuzzurro e Gaspare, danno fondo a tutta la loro riconosciuta bravura e simpatia per coinvolgere e trascinare gli astanti nel loro paradossale gioco dei ruoli, riuscendo a restare convincenti e credibili per tutta la durata della messa in scena, mai andando sopra le righe. Il successo di questa pièce teatrale sta infatti proprio nella semplicità e nella spontaneità della risata che suscita, nella mancanza assoluta di volgarità e, perché no, in quella punta di moralismo che traspare tra le pieghe del copione e che non disturba affatto. Insomma, si finisce per ridere di gusto, riflettendo anche un po’… magari senza accorgersene. In conclusione, un autentico gioiellino di comicità, come difficilmente si riesce a trovare di questi tempi, che rappresenta un modo decisamente piacevole e spensierato per salutare il 2011 ed accogliere con fiducia ed un po’ di ottimismo il 2012!
Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Duse di Bologna