Una chiacchierata tra
Javier Cercas e Roberto Bolaño
«Mentre mangiavamo, Bolaño mi parlò dei tempi in cui aveva vissuto a Gerona; mi raccontò minuziosamente un’interminabile notte di febbraio in un ospedale della città, il Josep Trueta. Quel mattino gli avevano diagnosticato una pancreatite, e quando il medico finalmente comparve nella sua stanza e lui poté chiedergli, pur sapendo quale fosse la risposta, se stesse per morire, , il medico gli accarezzò un braccio e disse di no con il tono di voce con cui solitamente si dicono le bugie. Quella notte, prima di addormentarsi, Bolaño sentì una tristezza infinita, non tanto per la consapevolezza che sarebbe morto, quanto per tutti i libri che aveva progettatoi di scrivere e non avrebbe mai scritto, per tutti gli amici morti, per tutti i giovani latinoamericani della sua generazione – soldati morti in guerre perse in partenza – che aveva sempre sognato di poter resuscitare nei suoi romanzi e che sarebbero rimasti nell’oblio della morte, come lui, quasi non fossero mai esistiti, e alla fine si addormentò e per tutta la notte sognò di trovarsi su un ring a battersi con un lottatore di sumo, un orientale gigantesco e sorridente contro cui non poteva fare niente eppure continuò a lottare tutta la notte finché non si svegliò e, senza che nessuno glielo dicesse, sentendo una gioia sovrumana che non avrebbe più provato, capì che non sarebbe morto. “Però certe volte penso che non mi sono mai svegliato” disse Bolaño passandosi il tovagliolo sulle labbra. “Penso di essere ancora sul letto del Trueta, ad affrontare il lottatore di Sumo, e tutto quello che è successo in questi anni (mio figlio e mia moglie e i romanzi che ho scritto e gli amici morti di cui ho parlato) lo sto sognando, e prima o poi mi sveglierò e mi ritroverò sul tappeto del ring, ammazzato da un ciccione orientale che sorride come la morte”.»
Nel romanzo di Javier Cercas, Soldati di Salmina, del 2001, compare come personaggio Roberto Bolaño. Il narratore si reca a Blanes e lo intervista. Il narratore è lo stesso Javier Cercas, il quale, una decina di anni prima, aveva scritto due romanzi: “pubblicati senza che nessuno si fosse accorto dell’evento”. Ma quando Cercas si presenta, Bolaño gli chiede: «Senti un po’, non sarai per caso il Javier Cercas di El móvil ed El inquilino?».
A giorni, qui su Literaid, parlerò proprio del libro di Javier Cercas. Intanto, però, devo decidermi a caricare un pezzo che il mio amico Davide Fischanger mi ha mandato una settimana fa…
Gianluca Minotti