Non avevo mai letto niente di David Foster Wallace, perché? Non so perché (e non cederò alla tentazione di scrivere “sono fatti miei”, per quanto altamente condizionata dalla pubblicità), e probabilmente ne avrei fatto a meno per ancora altri anni; ma poi ho conosciuto una persona che legge e, inutile sottolinearlo, l’ho sottoposta al consueto terzo grado. Dove? Cosa? Quanto? Chi? E scodinzolando, poiché trattavasi di lettore vero, ho proposto il famigerato scambio. Già, famigerato perché gli altri amanti della letteratura mi temono come la peste bubbonica, non restituisco mai niente tra le altre cose, ma la goccia cinese mi fa un baffo e quindi la mia proposta è stata, a malincuore, accettata.
È così insomma che “Una cosa divertente che non farò mai più“, edito da Minimum fax, è giunto a me, e ancora si trova al sicuro nella mia libreria (lo scambio si è trasformato in regalo, sempre per quella cosa della goccia). La prima e più calzante definizione che mi viene in mente per questo libro è “da far uscire l’acqua dal naso”. Ce l’avete presente il momento in cui state bevendo e qualcuno decide di fare una battutta assai divertente? Ecco, così. E lo dico a ragion veduta. In metropolitana e nel pullman su cui ho intrapreso la lettura, in uno dei miei consueti viaggi della speranza dalla periferia, ho riso con un tale gusto da sembrare completamente scema. Ad un certo punto, tale era la vergogna per le mie risate trattenute, e quindi ancora più ridicole, che mi sono imposta di chiuderlo; imposizione a cui ho tenuto fede per pochissimi minuti. Pensino quel che vogliono mi son detta, mi sono fatta bionda apposta!
Un diario di viaggio folle, questo potrebbe essere definito il magnifico esilarante libro in questione. Il giovane giornalista viene inviato su di una 7nc, nave da crociera sette giorni nei Caraibi, al fine di poter realizzare un reportage sulla sua esperienza. Lusso fac-simile e divertimento assicurato, o meglio obbligato. E già, perché divertirsi è necessario, doveroso quanto rilassarsi, le attività proposte mirano ad occupare al meglio il soggiorno del passeggero senza lasciargli il tempo della noia, ma solo quello dell’ozio. Viziare il cliente è la parola d’ordine, nessuno dei compiti pratici lasciati alla sua azione, né portarsi le valigie, né doversi occupare della cabina, né servirsi il pranzo. C’è sempre qualcuno pronto a soddisfare ogni esigenza, bevande escluse. Il ritratto del turista americano che ne esce fuori è tanto spontaneo da sembrare quasi il frutto della visione d’un bambino -cosa che per altro diviene reale con l’assaggio del caviale bollato, nella definizione dell’autore, come schifoso, avallando il giudizio di un ragazzino- e così disincantato allo stesso tempo da apparire tenero.
Nota a parte meritano proprio le note: magnifiche! Se l’articolo di per sé genera risate e singulti, le note stroncano proprio il respiro, e vi ritroverete ad assumere un’espressione assai ebete se lo leggerete come me in luogo pubblico, con una tinta blu puffo in volto mentre cercherete di non esplodere in una catartica fragorosa risata. L’ossessione dell’autore per gli squali, la sua curiosità per lo sciacquone, la sua descrizione di Capitan Video e ancora la sua paura di essere confuso con il turista medio americano caprone come il suo desiderio di starsene quasi tutto il tempo in cabina vi stenderanno, vi faranno scompisciare, vi faranno pensare “ma che diavolo stavo aspettando a leggere Wallace?”
Non di secondo rilievo è certo il fatto che lo stile sia particolarissimo e che mescoli toni svagati ad altri da tragedia, che i piani si confondano e che le battute siano così sagaci da assomigliare a delle freccette (di cui l’autore ha una mortale paura) e, soprattutto, che questa lettura leggera poi leggera non sia. Mescola infatti il piacere e il riso a un’indagine sulla influenzabilità delle persone, sul modo di essere degli americani e dei turisti in generale, sulla capacità della pubblicità di influenzare il consumatore e in che modo. Celebre la descrizione della brochure con tanto di inserto blasonato a firma di un altro noto scrittore: una marchetta di Frank Conroy che induce a vedere il cielo con altri occhi.
Se devo essere onesta non ho mai desiderato fare una crociera, e dopo aver letto questo libro lo desidero ancora di meno, desidero invece leggere tutto quello che Wallace ha scritto nella sua vita, liste della spesa comprese. Qualora però impazzissi e decidessi che tutto sommato un mostro acquatico dove tutte le mie attività e il mio divertimento siano programmati fino al minimo dettaglio può ospitarmi non dubito che sarei bravissima nel movimentare la vita degli altri passeggeri. Su di un aereo in preda alla paura ho gridato, non so perché, “il carrello non si apre, moriremo tutti”, certamente sarò in grado di inventarmi qualcosa anche riguardo alle scialuppe.