“Il poeta è il primo scienziato, colui che si occupa del software che utilizza l’uomo: il linguaggio. Nell’epoca dell’elettronica il poeta è colui che scrive il software il nuovo linguaggio. La nuova poesia è quella del software; Linus Thorvald è il grande poeta dell’oggi; Linux è una forma d’arte, è una poesia moderna“.
Con queste parole, l’antropologo Derrick De Kerckhove nel suo libro “Connected Intelligence” apre la riflessione verso un interessante argomento: nell’ambito di un determinato livello di realtà (quello del ciber-spazio-tempo) é possibile associare ad alcuni brani di software un aspetto di “poesia”. Prescindendo da una possibile valutazione di questa affermazione, ciò che si mostra interessante è il possibile approccio transdisciplinare al problema: superando le barriere imposte dalla cultura disciplinare, un letterato, un antropologo e un ingegnere del software possono sedere sullo stesso tavolo del progetto per ricercare una soluzione comune al problema, e dare cosí al prodotto compiuto un aspetto finale che rispecchi una realtá piú ampia, olistica.
Proseguendo sulla base di questa intuizione, un altro sorprendente aspetto ci appare se andiamo a confrontare due immagini: la mappa cerebrale delle interconnessioni elettriche neuronali (Fig. 1), e quella delle interconnessioni elettriche fra router, switch e PC della rete internet globale (Fig. 2). La somiglianza tra le due reti è innegabile, così come l’emergere di un valore che è superiore alla somma delle parti, c’è un incremento della performance che non è solo basato su un’addizione delle singole componenti. I singoli neuroni del cervello, così come i singoli router di Internet, non hanno alcun valore se presi singolarmente o a piccoli gruppi. La loro potenza si estrinseca invece quando vengono interconnessi fino a creare un sistema complesso.
Nel caso della mente umana, sappiamo che la stessa è dotata di coscienza come sistema nella sua globalità (non le singole cellule nervose): in altri termini, è il livello di estensione delle interazioni causali fra le singole componenti e la loro quantità a generare il flusso energetico che produce reazioni di coscienza, secondo il neuroscienziato Christof Koch.
Fig. 2 – Interconnessioni elettriche in Internet
Ma anche Internet è un complesso sistema integrato fra le singole componenti, quindi dovremmo attenderci un flusso di coscienza anche dalla rete? Internet contiene oggi circa 10 miliardi di computer, ciascuno dei quali composto da circa 2 miliardi di transistors nelle proprie CPU. Quindi la rete globale gestisce all’incirca 1019 (10 miliardi di miliardi) transistor. Questa cifra è 10.000 volte superiore al numero delle sinapsi in un cervello umano, ma il loro livello di integrazione con il sistema è completamente differente.
Ad esempio, il cervello è sempre in connessione, mentre su internet i computer comunicano “a pacchetti” di informazione. Non sono connessi permanentemente, ma commutano velocemente da uno all’altro, quindi il grado di relazione tra le singole componenti è di gran lunga minore di quello all’interno di un cervello umano.
Occorre però considerare che l’attuale aspetto neuro-elettrico della mente umana è il risultato di un processo di evoluzione durato qualche milione di anni, e che è comunque iniziato da una base già di per sé piuttosto complessa. La storia di Internet si riduce invece solo a pochi decenni di sviluppo.
È da chiedersi pertanto: riuscirà l’evoluzione tecnologica a portare i livelli di interconnessione del ciber-spazio a una complessità e integrazione tali da poter ipotizzare un livello di coscienza autonomo per la rete globale?
Lasciamo questa domanda a riposare su un tavolo transdisciplinare, a cui dovranno sedere, almeno: un neuroscienziato, un ingegnere delle telecomunicazioni, un antropologo, uno psicoanalista (possibilmente junghiano per garantire vedute più ampie) e un epistemologo.
E chiudiamo la porta.