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Una critica al sovranismo

Creato il 10 agosto 2014 da Veritaedemocrazia

Una critica al sovranismo

Draghi e Renzi visti da Luca Peruzzi

Il sovranismo rappresenta quella visione politica (ne esistono versioni di destra, di sinistra e, ovviamente, di chi si dichiara né di destra né di sinistra) che attribuisce all'adozione dell'euro e all'Unione Europea l'origine e la causa di tutti i mali italiani. Semplificando brutalmente, per i sovranisti, pur consapevoli dei problemi collaterali che questi atti determinerebbero, basterebbe uscire dall'euro e dall'Unione Europea e contemporaneamente riconquistare per lo Stato, a cui sia sottomessa la Banca Centrale Nazionale, la possibilità di emettere la propria moneta per far tornare in breve il nostro Paese all'età dell'oro, identificata fondamentalmente negli anni sessanta e settanta cioè gli anni dell'impetuosa crescita dell'economia italiana. Le ultime dichiarazioni di Mario Draghi nelle quali 'auspica' che i Paesi dell'Eurozona cedano la propria sovranità all'Unione Europea anche sulle riforme strutturali (che in soldoni significherebbe il definitivo smantellamento della presenza del 'Pubblico' nell'economia, l'ulteriore riduzione della spesa sociale - sanità, pensioni, istruzioni, assistenza - e dei diritti dei lavoratori in termini di retribuzione e di stabilità dell'occupazione) rafforzano evidentemente le convinzioni dei sovranisti. Ora mi sembra che gli elementi da cui partono i sovranisti siano fatti incontrovertibili: l'adozione dell'euro e dunque la rinuncia alla possibilità di ricorrere a svalutazioni competitive ha influito in modo determinante nella perdita di capacità concorrenziale dell'economia italiana; l'obbligo di ricorrere esclusivamente ai mercati finanziari per fare fronte alla spesa pubblica (regola in realtà già in vigore dagli ottanta con la separazione tra Tesoro e Banca d'Italia) è all'origine dell'esplosione del debito pubblico italiano e alla sua insostenibilità. Detto questo vi sono nel sovranismo elementi che francamente non mi convincono.
Anzitutto ritenere che abbattendo il 'Tiranno', l'Unione Europea, si realizza la condizione necessaria e sufficiente per riconquistare la sovranità perduta. L'Unione Europea non agisce in virtù di una sua forza intrinseca, non ha imposto il suo potere con le armi ma l'ha ricevuto dalle classi dominanti nazionali. E solo questo rende lo spread, la propaganda ideologica che essa diffonde, le sue direttive fatti cogenti nel nostro Paese. L'Unione Europea, così come è andata configurandosi, è conseguenza dell'evoluzione del capitalismo ed il suo ruolo va collocato nel quadro della globalizzazione e della finanziarizzazione dell'economia degli ultimi decenni. La priorità dunque è rovesciare i rapporti di forza politici, sociali, economici in Italia e a livello internazionale: è questa la condizione indispensabile per cambiare o cancellare il ruolo dell'Unione Europea. In secondo luogo è a mio avviso da confutare l'identificazione dell'epoca antecedente l'adozione dell'euro nell'età dell'oro. Quegli anni – gli anni del terrorismo e delle stragi, dei governi Craxi-Andreotti-Forlani, della corruzione arrembante e dell'occupazione dello Stato da parte dei partiti, dell'ipoteca posta dalla mafia sulla politica nazionale con gli assassini di Falcone e Borsellino - sono la premessa del declino e dell'imbastardimento politico, sociale e morale dei decenni successivi. Non si può negare infatti che l'impetuoso progresso economico degli anni sessanta e settanta (al quale peraltro dava un contributo importante il Mercato Comune Europeo) avesse portato con sé altissimi costi sociali: nell'immigrazione, nello sfruttamento del lavoro, nell'inquinamento, nello sradicamento e stravolgimento dei valori collettivi di sobrietà, solidarietà e probità. Il terrorismo rosso può essere considerato anche una risposta a quel generalizzato malessere sociale. In ogni caso pensare di riportare la lancetta della storia a quaranta o cinquant'anni indietro – torniamo alla lira e ricominceremo ad esportare così da tornare ad essere ricchi e felici - non regge: è totalmente cambiata la geografia e la struttura dell'economia mondiale con la globalizzazione, con la finanziarizzazione dell'economia, con l'emergere della potenza produttiva dei Paesi del sud-est asiatico, con il progressivo esaurirsi delle risorse naturali che impongono nuovi modelli economici. L'obiettivo poi della riconquista della sovranità perduta, quando riferito all'Italia, è assai singolare. L'Italia raggiunge l'unità nell'Ottocento grazie al determinante (e non certo disinteressato) contributo di Francia e Inghilterra; dopo il fallito tentativo del fascismo, portatore di tanti lutti e tragedie, di rendere l'Italia una potenza mondiale, nel secondo dopoguerra siamo un Paese palesemente a sovranità limitata: la prospettiva di ingresso al governo dei comunisti viene combattuta, attraverso organizzazioni clandestine in cui confluiscono servizi segreti stranieri e pezzi deviati dello Stato, per mezzo di stragi e tentativi o minacce di colpi di Stato. Il destino che è toccato a Paesi quali Libia, Siria, Iraq, Jugoslavia ci dovrebbe far capire quale sia la fragilità di uno Stato sovrano arroccato in uno splendido isolamento. La facilità con cui si riesce a far deflagrare uno Stato (e tanto più lo sarebbe in un'Italia che ha un'identità nazionale assai sbiadita e che è priva di una struttura statale sufficientemente forte ed efficiente da renderla difficilmente attaccabile dall'esterno) impone di trattare l'argomento sovranità con molta prudenza.
Peraltro in ogni tentativo in atto per costruire un'Alternativa politica vincente al sistema dominante resta oggi, a mio avviso, irrisolto il tema essenziale di come riuscire a mobilitare le grandi masse popolari. Che è questione che si connette alle strategie di comunicazione, di linguaggio, di incontro reale con le persone e con i loro bisogni, finalizzate a realizzare una presenza politica - alternativa al sistema - visibile e concreta, rompendo il muro innalzato dal pensiero unico dominante. E che deve fronteggiare i tanti fattori di distorsione della volontà popolare: non solo il grande capitale e la sudditanza alle potenze straniere ma anche mafie, Vaticano, le pratiche della corruzione e del voto di scambio, un sistema dell'informazione non pluralista e asservito ad interessi particolari. Mobilitare le masse popolari impone anzitutto di indicare un modello di società, di organizzazione economica che si propone e ci si ripropone di costruire. Da diffondere e testimoniare – ricostruendo una rete popolare mutualistica e solidale - casa per casa, strada per strada, borgo per borgo, città per città.
Nello specifico della costruzione di un'Alternativa di Sinistra – fondata sull'uguaglianza, sulla giustizia sociale, su di un modello economico che riconosca il primato della persona e che si realizzi in armonia con l'ambiente naturale – le parole d'ordine della sovranità e della lotta all'Unione Europea possono costituire il 'messaggio' vincente? Mi parrebbe di no guardandosi in giro per l'Europa, dalla Le Pen a Farage, dall'ungherese Viktor Orbàn ai vari movimenti populisti, quasi tutti di destra, anti-euro e anti-Europa che sono nati un po' dappertutto. E questo perché in questi messaggi inevitabilmente si denuncia e si evidenzia la sovrastruttura (l'Unione Europea e l'euro) ma non la struttura (l'organizzazione capitalistica mondiale e italiana) e perché l'evocazione di 'primati' nazionali è intrinsecamente estranea alla visione di sinistra che ha nella fratellanza universale degli esseri umani il suo essenziale elemento costitutivo.
Concludendo, il sovranismo resta prigioniero secondo me di un'ambiguità irrisolta. Potrebbe essere una strada per riconquistare la democrazia ma non porta un contributo in sé decisivo per realizzare più giustizia sociale, più uguaglianza, migliore qualità della vita. Bisogna partire da obiettivi comuni di liberazione e di democrazia e poi, tra chi li condivide, discutere dei mezzi per raggiungerli.

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