Magazine Diario personale
Tutto è iniziato con un compleanno. L'A.S. Roma ha stabilito che tutte le persone che compiono gli anni lo stesso giorno in cui la Roma gioca durante il campionato possono beneficiare di una super promozione che porta allo stadio 20 persone amiche del festeggiato riservando i posti nel settore famiglie (Distinti Nord), a un prezzo inferiore di quanto si spenderebbe al cinema: 13,00€ senza tessera del tifoso, 11,00€ con. Ho potuto festeggiare il quarantesimo compleanno del mio compagno insieme agli amici in una delle posizioni migliori di tutto l'Olimpico, vicina al campo quanto basta per potermi godere lo spettacolo. Questa promozione fa parte delle novità introdotte nelle politiche dei prezzi e di affiliazione della nuova società americana.
E' una fiumana incredibile quella che si appropinqua ai tornelli. Giunti alla chetichella con almeno quattro ore d'anticipo rispetto al fischio d'inizio, bardati con sciarpe, cappelli e bandiere nonostante sia agosto, i tifosi romanisti abbracciano l'A.S. Roma. Nell'attesa dell'apertura dei cancelli, imparano a memoria il calendario delle partite o gli articoli de Il Romanista, giornale dedicato e distribuito gratuitamente a chiunque lo desideri.
Da Ostia, da Viterbo, da Grotta Celoni, da Prati. Sono venuti tutti. Anche i VIP. Soprattutto i VIP, visto che a loro è destinato uno spazio d'eccellenza (che la Lazio non potrà utilizzare per nessun motivo), il quale è composto da ristorante e dotazioni tecnologiche di altissimo livello. C'erano tutti. C'eravamo tutti. Vicini di casa e popolazioni etrusche. Con il bastone della vecchiaia o con le ultime Nike ai piedi. Con la maglia ufficiale (le cui vendite hanno avuto un aumento di oltre il 20% nell'ultimo periodo) o con la t-shirt contraffatta riempita dalla stampa del volto di Zeman (aumentate anche queste, ne sono certa). Siamo in cinquantamila. I catanesi si contano sulle dita di una mano, in uno spalto vuoto da desolazione. Se cantano qualcosa, si sentono fra loro. Non c'è spazio per nient'altro che la Roma. Roma, Roma, Roma. Tutti lo bramano: oggi si vince. Dopo una stagione passata a soffrire, quest'anno si gode. C'è Zeman. Con Zeman si vince.
Bambini, nonni, mamme incinta, ragazzi, amiche, genitori, ultrà: tutti insieme appassionatamente per la Roma. Camminiamo lenti lungo il viale che costeggia lo Stadio dei Marmi, imponendosi di non affrettare il passo, di non scavalcare le cancellate, di non correre sul campo, entrare negli spogliatoi e abbracciare i giocatori, dicendo: "Sempre Forza Roma!". I farraginosi e poco sicuri controlli vengono affrontati con uno spirito zen raro nel popolo romano. Forse perché ci sono tanti piccoli lupacchiotti che ti guardano storto se esageri. Forse perché c'è tutto il tempo per entrare, andare in bagno, mettersi in coda per le foto con il giocatore designato al pubblico infantile, mangiare il classico panino con la frittata, bere una coca, iniziare a cantare i più significativi ritornelli del caso. Si incomincia mettendo i puntini sulle "i" con i classici sfottò contro la Lazio e la Juve per poi continuare con Venditti e tutti i cori, che presto si trasformano in fischi, non appena l'avversario scende in campo per il sopralluogo del campo.
Lo stadio scoppia e i collaboratori dell'A.S. Roma si muovono in sincronia. C'è il team di fotografi che si spartisce i soggetti e gli ambienti, i tenici di vario genere, gli addetti alla sicurezza, le forze dell'ordine, i dirigenti a vario livello; entrano, camminano, osservano, parlano, impartiscono ordini. Poi c'è la Curva Sud, con le sue bandiere, i suoi fumogeni, i "capi animazione" e le ole, quella fiumana di mani che pare un'onda danzante. E c'è anche lo speaker che annuncia il ritorno di Zeman, di Burdisso e dà il benvenuto a Marquinhos. Ci sono le panchine che si riempiono e tutto il caldo, l'umidità, la sete, l'ansia, l'emozione, la tachicardia diventa musica e core non appena tutti i cinquantamila si alzano in piedi, stendono le sciarpe e intonano l'inno. In quest'occasione non è strano vedere un colosso muscoloso, tatuato, dai lunghi capelli unti e dalla pancia bevitrice asciugarsi gli angoli degli occhi commosso dalla "preghiera" appena conclusa. E' lo stadio. E' la Roma.
Quand'ecco che la squadra scesa in campo inizia a far storcere il naso alla gente. "Ma Luis Enrique non se n'era andato? Perché non tirano? Hanno da tirà! E daje... GOOOOOOOLLLL!". Niente da fare. Solo un pareggio. Due goal stupefacenti, alcune azioni da sturbo, ma solo un pareggio. " Ma li mortacci...." serpeggia sugli spalti. E poi il bicchiere mezzo pieno: "Magari alla fine del campionato un punto in più farà la differenza". Intanto su Facebook impazzano i commenti, i "Mi Piace!" si susseguono ai tweet, ai cuoricini accesi su Instagram, alle condivisioni dei video su You Tube. Cinquantamila persone che fanno fotografie e le piazzano sui loro social per sei, sette ore di seguito e nei giorni seguenti e quelli dopo ancora. Una macchina social impressionante, un impegno fantastico. Li ho visti, immagino, i lavoratori 2.0 dell'A.S. Roma. Darei un rene per lavorare con loro, a bordo campo o negli uffici appositi.
Una domenica allo stadio a vedere l'A.S.Roma ti fa capire che c'è un nuovo sceriffo in città. Lo scorso campionato l'Olimpico era deserto, i tifosi inferociti, delusi, lontani. Tempo quattro mesi e le cose sono cambiate. Le scelte aziendali hanno costantemente incluso i clienti (i tifosi): la maglia, per esempio, è nata anche da un sondaggio su FB. Il Tour Americano è stato esilarante e l'impegno puntato sulle immagini e sullo story telling via social network ha dato visibilità, creando interesse e fidelizzazione ai massimi livelli. Ad oggi accade anche questo: ti alzi la mattina e la prima cosa che fai è aprire il Facebook della Roma e vedere se hanno postato una nuovo foto, un nuovo input, un nuovo articolo. I giocatori li senti vicini, ti pare quasi di conoscerli. Procedi nella giornata e aggiorni i profili per sapere che cos'ha detto Totti e se Bojan si è ripreso e se Stek se ne vuole andare per davvero. E vai a dormire aspettando la buona notte dell'A.S. Roma. Se la chiamate "dipendenza" fate bene. Qui, a Roma, è così.
Le uniche note dolenti di questa domenica riguardano la struttura dello stadio Olimpico e i suoi bagni a prova di pestilenza nucleare. Ma la nuova dirigenza sta lavorando per la costruzione di un nuovo stadio all'interno di Roma (Piramide, pare), collegato dai mezzi pubblici e con tutta un'altra struttura interna, in linea con le tendenze mondiali in materia. L'altra nota dolente è, in un certo senso, la squadra. E' molto forte, i nuovi acquisti mi piacciono molto, ma la partita che ho visto mi ha fatto tornare la paura della scorsa stagione. Li ho visti titubanti davanti alla porta o accartocciati in un possesso palla senza un vero perché, privo di triangolazioni e schemi consapevoli per arrivare alla finalizzazione del goal. Non mi piace pensare che l'evidente discrepanza negli arbitraggi sia una realtà capace di condizionare così tanto dei giocatori da impedirgli di dare il massimo oltre i limiti evidenti del marciume del calcio italiano e della contraffatta Serie A, di cui calciopoli e calcioscommesse sono esempio esplicativo. Se esiste davvero un problema caratteriale, sarebbe buona cosa risolverlo. Da tifosa, mi dispiacerebbe molto vivere anche quest'anno una stagione in stile Tantalo.
Scoccata la mezzanotte, quel che resta, oltre alla moltitudine di rifiuti in strada, alle code sul Lungo Tevere in festa, al punto (magro) in classifica, è anche la sensazione di essere entrata in una grande famiglia. No. Di aver iniziato una relazione amorosa con un soggetto difficile, che "ti fa piangere e abbracciarci ancora". Di quelle che, a quanto pare, non muoiono mai. Questione di feeling.
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