Perde la testa anche chi non ce l’ha
Il potere fa perdere la testa anche a chi deve ancora dimostrare di averla. Al punto da indurlo a scambiare l’Italia con la Birmania, se non fosse per l’eccessiva apertura dei generali di Rangoon. Così apprendiamo che Premier Il Monti, succeduto a Premier Il Silvio, ha tempestato di telefonate la Banca d’Italia per spingerla a redarguire un suo ex alto funzionario macchiatosi del gravissimo reato di libera opinione. Gli strali governativi sono caduti su Angelo De Mattia, fino a sei anni nel gruppo dirigente di Bankitalia, poi andato in pensione e oggi commentatore di vicende bancarie su Milano Finanza: il malcapitato pensando di vivere in un Paese con qualche rimasuglio di civiltà ha osato scrivere sulle partecipazioni che gli istituti di credito privati hanno nella Banca d’Italia.
Per le normative messe a punto da Tremonti e poi modificate da Siniscalco si dovrebbe decidere se queste quote debbano rimanere alle banche o se viceversa debbano tornare allo Stato: un dubbio che non sarebbe amletico se gli istituti di credito non chiedessero cifre astronomiche per cedere le loro partecipazioni proprio in un momento così drammatico per i bilanci. Apriti cielo, lesa maestà bancaria, tanto più che al problema pare sensibile Draghi. Così il premier si attacca al telefono e impone al direttore generale di Bankitalia, Saccomanni, di redarguire De Mattia e di indurlo a non scrivere più. Cosa che purtroppo Saccomanni fa come da brogliaccio delle peggiori dittatture.
Non credo ci sia bisogno di sottolineare come esista ancora la libertà di opinione, nonostante il parere contrario di Premier Il Monti. Ma forse c’è da dire qualcosa che non è stato abbastanza messo in luce. Il chiarimento su questa ennesima dimostrazione di voracità bancaria, ha fatto imbestialire il professore (si fa per dire, naturalmente) , ma il tentativo di scomunica di De Mattia nasce da lontano: l’ex alto dirigente bankitalia, certamente persona informata dai fatti, è un feroce critico dell’elitismo, della mancanza di realismo e d’ “intelligenza” che segnò la strada italiana verso l’euro. Strada sulla quale ad ogni momento troviamo lo stesso Monti e in generale quella genia di esili accademici un po’ caso, un po’ per famiglia, molto per politica. Naturale che ci sia il dente avvelenato: De Mattia è uno che sa bene chi e perché ci ha messo in mutande. Meglio che taccia. E per dimostrarvi che non sono invenzioni allego qui un articolo del reprobo risalente alla fine di giugno: De mattia
Vacanze in Costituzione
Ma passiamo agli indefessi smacchiatori di giaguari. Sul diritto alle vacanze che i politici rivendicano con vigore, non ci sono solo le dichiarazioni di Cicchitto, ma si sono aggiunte anche quelle di Bersani e della signora Finocchiaro che si è ormai assicurata un posto nella storia con le sue dichiarazioni. E dunque il segretario del Pd ci fa sapere sdegnato: “Stiamo passando il segno. Queste cose mi preoccupano perchè portano il Paese al disastro. Qui c’è gente che non ha paura di lavorare. Ci sono dei decreti, dei provvedimenti, e lavoreremo ad agosto finchè c’è da lavorare. Ma c’è un limite a tutto. Abbiamo tutti una famiglia, che ha diritto di stare due giorni con il padre o con la madre”. Insomma negare vacanze ai politici significa portare il Paese al disastro. E non solo al disastro economico, ma anche a quello istituzionale perché come acutamente fa notare la Finocchiaro: “Che ci debba essere una pausa estiva è nelle cose. E’ un diritto riconosciuto dalla Costituzione”. Guarda, guarda quante cose dice la Costituzione: certo il diritto al lavoro è stato massacrato, l’articolo 18 “giubilato”, ma per fortuna abbiamo ancora le vacanze garantite, per chi se lo può permettere. Certo non si va via con l’animo sereno quando ci si deve vergognare delle cose che dicono i nostri governanti, per come lo dicono, per ciò che si avverte dietro queste sgangherate espressioni di insipienza.
E’ arrivato l’ambasciator
Per puro caso è saltato fuori che fra le tante spese pazze e spending review che si abbattono regolarmente sui più poveri ce n’è una davvero incredibile: lo stato italiano ha un’ambasciata a Montecarlo. Non un consolato, non un ufficio, ma una vera e propria sede diplomatica riccamente dotata di quadri e mobili d’epoca, con tanto di ambasciatore e di funzionari che non si sa bene cosa debbono fare se non assistere qualche ricchissimo concittadino. Tanto più che il principato, lungo un chilometro e mezzo, lo stato più piccolo del modo dopo il Vaticano, ha precisi accordi di rappresentanza con la Francia e il vicinissimo consolato generale di Nizza sarebbe più che sufficiente. Forse una ragione per questo spreco c’è, il problema però è che non lo si può dire: per caso era solo Fini ad avere proprietà nascoste all’ombra della Societé des Bains?