di Giampiero Cardillo
L’Europa è stata ed è una grande e buona idea.
Le buone e grandi idee soddisfano molte aspirazioni e, al contempo, umiliano e distruggono altrettante realtà non sempre virtuose.
L’Europa ha immancabilmente avuto ed ha, perciò, grandi e spietati nemici, al suo interno e al suo esterno.
Arrivare ad una sovranità politica europea effettiva e totale, dalla quale dovrebbero conseguentemente discendere una giustizia, una difesa e una amministrazione finanziaria unica, sarebbe dovuta essere allora ed è tuttora la “premessa” mancata, divenuta, per necessità, solo un faticoso “obiettivo” da raggiungere per tappe, dalla tempistica casuale e incongrua, di un perfetto funzionamento dell’idea geniale.
I nemici dell’Europa stanno usando in maniera surrettizia strumenti che l’Europa aveva previsto di darsi fin dal concepimento (cfr. J. Monnet) come gli strumenti di regolazione internazionale: ad esempio, nel commercio da molti decenni, e nel contenzioso fra Stati e privati più recentemente.
L’Europa è, sorprendentemente per molta opinione pubblica, un colosso produttivo di eccellenza rispetto al resto del mondo. Contrastare il consolidamento europeo è vitale per multinazionali e nazioni già consorziate in organismi internazionali diversi dall’Europa. Essa, infatti, ha nel proprio DNA un riferimento territoriale da dove ogni cosa parte e verso cui ogni cosa ritorna. Ciò è insopportabile per il tipo di capitalismo finanziarizzato e globalizzato evolutosi dal 1975 ad oggi, da quel lontano G6 che ha dato via libera ad un disastro dal quale l’Europa DEVE risorgere NON a qualsiasi costo, ma con una coesione tutta da costruire, nell’emergenza. Il capitalismo europeo più aderente all’idea originale avrebbe dovuto assomigliare a quello olivettiano, basato sulle “competenze” di ciascuna regione e contenuti specifici di ciascun comprensorio e sviluppate o su territori omogenei o su territori da omogeneizzare attraverso iniziative produttive omogenee.
Non si poteva e non si può pensare che il resto del mondo finanziario e politico, i molti consolidati centri di potere di oggi e di sempre, stiano a guardare nascere un nemico mortale, che unisca la potenza economica a una potenza politica unitaria.
Sostengo che occorra pagare un “pizzo” al resto del mondo per fare passi avanti nella realizzazione europea unitaria, non disponendo, se non per convinta scelta, sicuramente per ragioni storico- belliche, di micidiali arsenali militari, cioè degli “altri mezzi” con cui dare continuità risolutiva all’azione politica globale, come insegnava von Clausewitz. Uno dei “pizzi” da pagare è l’assicurazione di non costruire quei mezzi di coercizione internazionale, una “force de frappe” comunitaria che non deve nascere mai. L’altro “pizzo” da pagare consiste nell’assunzione da parte dell’Europa di oneri ora sostenuti da altri: dare, ad esempio, agli USA il corrispettivo della “difesa europea” ora assicurata dagli americani, sotto forma di stellari commesse militari, senza pretendere la direzione effettiva europea del dispositivo, oppure, o anche, una politica energetica che non miri all’indipendenza mediante innovazione tecnologica (fare dei CERN una ricerca senza scopo pratico).
In questa situazione di emergenza, l’unica che possa dare una spinta propulsiva risolutiva, mi pare intelligente la triplice proposta di Piketty:
- l’imposizione di una Corporate income tax ( imposta sul reddito delle imprese europee) mediante la creazione di una Autorità fiscale sovrana europea, che elimini ogni possibilità di servirsi di paradiso fiscali;
- l’istituzione di una unica Camera parlamentare dell’EU, che emani un unico Ministro delle Finanze, tanto per cominciare;
- finalizzare opportunamente il MES ( meccanismo europeo di stabilità) per mettere in comune i debiti di tutti i paesi EU.”
Queste tre proposte potrebbero avere via libera dalla sottoscrizione di patti-tregua internazionali, con gli USA anzitutto, cui dovremmo pagare un corrispettivo pari ad una percentuale dello sviluppo che conseguiremmo con migliore e maggiore Europa e miglioramento delle competenze applicative di ciascuno Stato europeo, a cominciare dall’Italia che, in quanto seconda potenza manifatturiera d’Europa, trarrebbe i maggiori benefici in termini globali.