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“Una lacrima color turchese” di Mauro Corona: una fiaba che mette in guardia sulle ipocrisie del Natale

Creato il 25 novembre 2014 da Alessiamocci

“Quando s’avvicina il Natale, precisamente verso il primo dicembre, ci disponiamo alla bontà. O meglio, a essere più buoni, perché buoni siamo convinti di esserlo già”.

“Una lacrima color turchese” di Mauro Corona: una fiaba che mette in guardia sulle ipocrisie del NataleLa favola del prossimo Natale potrebbe essere l’ultimo libro di Mauro Corona, lo scrittore friulano finalista del Premio Campiello 2014 con “La voce degli uomini freddi”. È una fiaba “dura”, come la definisce l’autore stesso, che mette a nudo l’ipocrisia del Natale e di tutti i buonisti a tempo determinato.

Sto parlando di “Una lacrima color turchese”, il racconto breve edito da Mondadori nel novembre 2014, che Corona ha dedicato “Al Papa Francesco”, precisando “Che Dio lo aiuti”. Potremmo definirlo l’episodio di quella volta in cui il genere umano è stato costretto ad un colossale esame di coscienza; oppure ancora di quando è accaduto un fatto clamoroso e senza precedenti.

Siamo a Natale e sta nevicando. Ci troviamo in una piccola località di montagna di cui Corona non fa il nome ma che potrebbe essere Erto, in provincia di Pordenone, suo paese natale. La storia è ambientata ai nostri giorni, esattamente nel 2014, anche se l’autore si esprime in “lire”, un’incongruenza da addurre forse all’atmosfera surreale del racconto stesso, che credo non passi inosservata.

Per la prima volta la divinità, invece che apparire, scompare. E pensare che la gente si prestava a mettere da parte i rancori, cercando di essere più buona, almeno a Natale. Sì, avete capito bene, perché all’improvviso tutte le statuine di Gesù Bambino spariscono misteriosamente dai presepi.

Le prime ad accorgersene sono tre madri di famiglia che incolpano della sparizione i loro bambini; ma presto si arriva a comprendere che il singolare fenomeno non riguarda solo il paese sperduto di montagna, bensì l’Italia e il mondo intero.

La popolazione entra nel panico: tutti si chiedono cosa possa nascondersi dietro a un evento tanto angosciante. L’umanità intera chiede risposte, e teologi e satanisti si cimentano nelle teorie più disparate. E come è tipico dell’essere umano, si avverte la necessità di puntare il dito, si ha bisogno di un colpevole, purchessia. “Eppure la soluzione era lì, dietro l’albero, bastava riflettere un pochino. Ma gli uomini non riflettono. Quando si tratta di cercare la verità preferiscono sospettare qualcuno”.

“Una lacrima color turchese” di Mauro Corona: una fiaba che mette in guardia sulle ipocrisie del NataleCon il suo stile schietto, quasi ruvido, Mauro Corona ci regala una riflessione corale e alquanto feroce su ipocriti e bigotti, desiderosi solo di ostentare e del tutto lontani dal vero significato della cristianità. Un Gesù Bambino stanco della falsità dell’uomo si presenta ai nostri occhi, e che afferma con convinzione: “Mi riconoscete solo una volta l’anno, per mettermi nel presepe”. Perché è solo quando vengono a mancare che ci accorgiamo di quanto erano importanti, nelle nostre vite, persone e cose che abbiamo sempre dato per scontate.

Il libro è breve, si legge in un soffio. La lettura è piacevole e coinvolgente, anche per chi non è religioso, perché fa riflettere sugli eventi paradossali che ogni anno si verificano a Natale; quasi fossimo “scissi” e nei restanti 364 giorni dell’anno fosse un’altra persona ad agire al posto nostro.

L’autore è stato accusato di avere peccato di presunzione, essendosi erto a giudice dell’umanità e di essere stato molto pessimista nel dare il suo messaggio. Al contrario, ritengo che egli abbia tracciato un quadro puntuale della nostra società. E l’ultimo pensiero, appare come un “recupero di speranza”.

È quello per le vette dolomitiche, per le montagne in generale tanto care a questo autore e che ce lo hanno fatto conoscere. In particolare per quel laghetto dal colore irripetibile dove i Bambin Gesù, passando, non hanno potuto fare a meno di versare una lacrima. Color turchese, appunto.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 


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