“Ma qui nessuno ha vissuto negli anni ’80?”
“Io si, per tipo sei mesi..”
“Ma come allora sono l’unica ad aver assistito al piu` importante evento politico della storia moderna, la caduta del muro di Berlino?”
“Mah, io avevo due mesi di vita ma probabilmente ero li`, davanti al telegiornale, indeciso se sbavarmi addosso o mettermi a piangere senza motivo..”
“Dopo quel giorno e` cambiato tutto..”
“Si, vedo, avete deciso di invadere la Nuova Zelanda mi pare..”
Ieri sono arrivato a questo campeggio, sul lago Tekapo, questa enorme pozza d’acqua a cui lo scioglimento del ghiaccio invernale da un colore azzurro acceso, e dopo le solite foto di rito, ho scelto di piantare la mia tenda accanto a quella di tre ragazze. Ok, erano tedesche, “che simpatica coincidenza!” mi sono detto, “viaggio con tedeschi e capito accanto ad altri tedeschi, chissa` chi ci sara` dall’altro lato..”. Tedeschi.Adesso mi trovo all’internet point. La stanza e` semivuota, ci sono soltanto io, e altre due persone. Tedeschi.
Tedeschi. Tedeschi. Tedeschi.
Mi stanno seguendo. Mi spiano. Tremo, sudo. Mi devo nascondere, ho paura.
Meno di una settimana fa ho fatto un trekking, la Copland Track, poco lontano dal minuscolo paesino di Fox Glacier. Eravamo in tre, io e la coppia di tedeschi che sta viaggiando con me, e fino a qui tutto bene. 17 chilometri sotto una pioggia scrosciante, un diluvio epico su quella foresta che stavamo attraversando su un minuscolo sentiero fangoso. Sette ore di cammino per salire su un monte e arrivare a un rifugio completamente isolato e poco conosciuto, difficilmente raggiungibile in condizioni di bel tempo, figuriamoci in quella tempesta (ma sopratutto, chi si diverte a sguazzare nel fango, senza un motivo ben preciso, per sette ore in salita?). Accanto al rifugio una piscina riscaldata naturalmente, il nostro premio per aver finito la missione. Ci tuffiamo, distrutti, ma contenti di avercela fatta. Due ragazzi erano gia` li, parlavano ingelse, “menomale, sono salvo” ho pensato. Illuso.
Cinque minuti per vedere arrivare altri due ragazzi, nella consueta uniforme, che nell’entrare dicono “Tutti tedeschi?” con un tono che dava per scontato la risposta. “Com’e` possibile? Come hanno fatto a trovarmi? Hanno un satellite che mi guarda? Mi hanno inserito un microchip sottopelle mentre dormivo?”. Nelle successive tre ore ho partecipato a una coinvolgente discussione dalla quale sono riuscito a trarre le parole “Volkswagen” e “Mercedes”, per poi decidere di arrendermi e cercare conforto nei due ragazzi parlanti ingese, una lingua ormai in decadenza in NZ. “Voi di dove siete?” “Io sono di qui, neozelandese, di Christchurch, lui e` austriaco..”. Al che, gli amici tedeschi, si girano e fanno “Ah, austriaco, e che ci fai qui?”. Il resto e` stato “Mercedes, Volkswagen e kartoffen” per me. Ormai disperato sono andato dal neozelandese “mi sa che siamo di troppo qui”, “no, io ho vissuto dieci anni a Zeurigo, parlo tedesco”. Eccheccazzo.