Una mano lava l’altra...tutti i salmi finiscono in gloria... L’Italia è un grande paese e “zio Remo” lo ha lasciato
Creato il 20 luglio 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
La Uil denuncia la Provincia di Rieti. Uno si chiede: “o cazzo, e ch’è successo?”. E la Uil risponde: “Ha speso 827mila euro di consulenze esterne”. Il presidente della Provincia, il pidiellino Fabio Melilli, chiamato in causa dal sindacato risponde: “Non è vero, al massimo sono 600mila”. Il problema quindi, secondo Melilli, non è quello di sperperare denaro pubblico in consulenze esterne (che ammette) ma che l’esborso non è stato di 827mila euro ma di 600mila. Uno si chiede: “Si, va beh, ma lo spreco c’è sempre stato, qual è la differenza?”. Il presidente della Provincia risponde: “227mila euro, vi sembran pochi?”. Quando Guido Bertolaso finì sotto inchiesta per spreco di denaro pubblico, appalti tarocchi, regalie ricevute, appartamenti in usufrutto, buoni-massaggio gratuiti, se ne uscì con una battuta alla quale in pochi diedero peso. Accusato di aver ricevuto una mazzetta da 15mila euro, il boss della Protezione Civile affermò candidamente: “Ma che mi sputtano per 15mila euro?”. Perché – ci chiedemmo noi – per 30mila lo faresti? E per 40, e 50mila? Accusati da tutte le parti di mantenere in piedi i privilegi della casta, i politici italiani hanno deciso di dare un segnale forte di cambiamento di rotta. Sputtanati da un ex portaborse parlamentare, fatto fuori dalla sera alla mattina, che ha deciso di denunciare pubblicamente tutti gli assurdi privilegi di cui godono, i nostri statisti imporranno un giro di vite alle spese per il mantenimento della Camera dei deputati. Non ci sarà nessun taglio ma neanche un aumento e, tanto per finire in bellezza il contenzioso morale con il popolo sovrano che non li ha neppure eletti, chiuderanno uno dei ristoranti di Montecitorio e rivedranno i criteri degli aventi diritto ai pasti agevolati. Passiamo al mondo dell’informazione. La solertissima direttrice generale della Rai, madame Lorenza Lei, coerente con il clima di austerity generalizzata che vive il Paese, ha deciso di dare una sforbiciata ai costi dell’azienda di Stato per il servizio radiotelevisivo. In poche parole non toglierà la carta di credito della ditta a Minzolini ma le spese per la tutela legale a Milena Gabanelli. E, non essendo sicura che è un provvedimento che può adottare, ha chiesto il parere vincolante del Ministero dell’Economia che della Rai è un po’ il nume tutelare avendo accorpato il vecchio Tesoro. Tutti sanno che il ministro dell’Economia è Giulio Tremonti e tutti sanno anche quale sia il rapporto che intercorre fra lo stesso Tremonti e Report. In poche parole, se volessimo usare un’equazione, potremmo dire che Tremonti sta alla Gabanelli come Berlusconi sta a Santoro. Ora, il ragionamento è duplice: o Tremonti dice “no” alla copertura legale e tutti lo prenderanno come un atto di ritorsione nei confronti della Milena “nazionale”, o dice “si” ponendo in essere una sorta di “ricatto morale” nei confronti della conduttrice di Rai3. Comunque vadano le cose non sarà propriamente un successo. Ieri, a 90 anni, è morto Remo Gaspari, chietino di Gissi, “zio Remo” per i suoi corregionali abruzzesi. Gaspari è stato una delle figure emblematiche della prima repubblica. 17 volte ministro, era famoso per la sua straordinaria capacità organizzativa, tanto che quando un dicastero doveva essere ristrutturato o messo su di sana pianta, nuovo di zecca, ci mettevano lui. Lo hanno accusato di aver costruito un’autostrada inutile che inutile poi non si è rivelata, perché la Roma-Pescara oggi è una importantissima via di transito. Quando nel luglio del 1987 la Valtellina venne messa sotto sopra da una terribile alluvione, Remo Gaspari aveva assunto da poco la carica di ministro della Protezione Civile. Per sapere dalla diretta voce del ministro cosa diavolo fosse successo da quelle parti e quali sarebbero stati i provvedimenti che lo Stato avrebbe adottato per far fronte all’emergenza, i giornalisti si fiondavano sulla spiaggia di Vasto dove il ministro, in ciabatte e bermuda, seduto sulla sdraio e sotto l’ombrellone dello stabilimento balneare della pensione Sabrina, apprendeva dai giornali le notizie che lo riguardavano. “E mica voglio creare panico”, rispondeva ai cronisti che lo invitavano a darsi una mossa. Poi, però, una mossa se la diede e i provvedimenti vennero adottati. Da ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni lo accusarono di aver messo migliaia di corregionali negli uffici postali di tutta Italia. Quello fu il periodo che da Saint Vincent a Marina di Ragusa, l’unico accento che si sentiva nelle sedi delle PPTT era l’abruzzese. Clientelismo? Forse si, anche se lui affermava che era un gesto di umana comprensione nei confronti di quelli che andavano, sempre sulla spiaggia di Vasto, ad elemosinare un posto di lavoro. Quando era ministro della Sanità fece costruire a Gissi, suo paese natale, una struttura ospedaliera di prim’ordine. Qualcuno scrisse che lo fece per il figlio medico, ma furono solo maldicenze. Alla fine degli anni ’80, nel momento clou della sua carriera politica (prima ministro della Difesa, poi della Protezione Civile), ci capitò di incontrarlo all’Aquila. Fu il primo e unico incontro personale che avemmo con lui. A quei tempi eravamo impegnati, molto a modo nostro, nel mondo dell’associazionismo e “Zio Remo” rappresentava un punto di riferimento politico e non, per molte organizzazioni no-profit. Un pezzo grosso della Democrazia Cristiana abruzzese ce lo presentò durante un congresso. Conoscere Remo Gaspari non è che rientrasse fra le nostre esigenze di vita, però era pur sempre il leader indiscusso della regione nella quale operavamo. In quel momento ci rendemmo conto che la sua fama di profondo conoscitore del territorio e delle persone che lo abitavano, era meritata. Guardandoci negli occhi ci disse: “A, sei tu quel gran rompicoglioni!”, lasciandoci basiti e incapaci di reagire. Anche in quel periodo non avevamo granché la testa a posto, ma tutto ci saremmo aspettati che con l’età la situazione peggiorasse questo mai. Siamo rimasti esattamente i “rompicoglioni” di trent’anni fa. E, per concludere il discorso su “zio Remo, ci piace ricordare che benché inquisito, non emerse una sola prova a suo carico. La nostra convinzione è che non abbia mai intascato illegalmente una lira, questione di tempra, di cultura, di senso dello Stato. Sicuramente non è un personaggio né da imitare né da santificare, però...
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