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Tra il cornetto ed il cappuccino delle nove e “Lo Sbagliato” delle nove e mezza -del mattino!-, gli avventori si spostavano da un tavolo all’altro, dall’ultima macchinetta del video-poker al bancone; migravano, assetati sì, ma di “sgub”.
I vaticinatori si spartivano il pubblico: “Ohe, il Silvio questo qui non lo vuole più! E gliel’ha detto... ‘Adriano, mi sono scassato la minchia di ‘sti giocatori fragili!’ Proprio così c’ha detto...” e aggiunge... “Piero!, me la scaldi una focaccina, che così l’affogo nel prosecco?”.
Facce così, un po' di quelli che non ci credono, ma poi tant’è incalzano: “Beh, c’ha anche ragione però!”, “Ma c’ha ragione cosa?, che Galliani va manco in bagno senza chiedergli il permesso!”.
Non so se davvero Galliani fosse presente al “vertice del lunedì”, non ne ho idea; se chi ho incontrato al bar sapesse anche qualcosa di reale, seppur di terza/quarta mano, non m’importa. Mi hanno tolto la voglia di fantasticare, di attendere qualche indizio fra le righe. Ma mi han fatto un favore: ho abbracciato ancora di più l’amore che ho per il calcio, alimentando ancor di più un fuoco che mi arde dentro e fuori da anni.
Ho sempre creduto infatti, e magari sbaglio, che la speranza sia una fregatura micidiale, una specie di gas che diluisce la realtà, per farci immaginare un orizzonte che neppure intravediamo da lontano, demandare quel che possiamo fare oggi di possibile ad un domani che chissà... Anche per questo non mi importa più che Pato resti o vada, che Dida rinnovi, che Mancini venga riscattato, che un trentasettenne come Inzaghi sia invocato ancora come atleta modello perché mangia bresaola e riso in bianco a scapito di un ragazzo magari che potrebbe segnare tanto come lui -poco-, ma con la differenza di avere un futuro davanti, non alle spalle.
Avete visto?, di già me la prendo!, ma che volete, anzi... che vogliono?, ci hanno detto che loro erano maestri nella comunicazione, mica noi! Hanno perso abbonamenti e scritto lettere; tentato di far passare calciatori di interesse storico, quasi archeologico, per colpi di raro acume... Kakà ha fatto chiudere in casa metà della gente di S.Siro...: io personalmente continuo ad andarci più che per ritrovare i vecchi amici di sempre che altro -a parte l’amore per i Nostri Colori-, ma siamo “noi”, ci dicono, a non capire...
Negli anni ‘70 /’80 c’era un termine usato dalla classe politica di allora per spiegare le sabbie mobili in cui il Paese versava: “congiuntura”. Ero un bambino, ma ce l’ho ancora in mente. Parole che vogliono dire nulla, se non a chi le ha inventate ed ai suoi amici -complici?- Non ho nostalgie, del “si stava meglio quando si stava peggio”, di nessun genere; ho fame di verità perché sono troppo innamorato della vita, del domani, per perdere il mio tempo ad interpretare i bugiardi: ma so che dovrò essere io a riempirlo, ‘sto domani, e nessun altro, se vorrò che le menzogne non diventino abitudine, fino a diventare “vere”.
Per questo il futuro non mi spaventa e intanto vivo la vita ed il Milan, il mio. E pure quello di questo blog -così simile-, la cui forza consiste mica nell’acutezza di Gianclint, nei dardi di acuminata logica di Cristian o nella poesia ipnotica di Monia, nella loro plateale simpatia... sta nella nostra voglia di pensare un Milan che sia il Milan, non quello che credono di averlo fatto diventare. Riuscire a riconoscerlo nonostante tutto.
Questa dirigenza ha reso gli ultimi vent’anni i più gloriosi di una storia cento-decennale già straordinaria, ma pensare davvero che “un Milan così” vada bene, che questo Milan con più ferite che cerotti, sopravviva “per sempre” non è da integralisti, è da sconfitti: i topi ballavano mentre seguivano il suono di flauto dolce,... fino ad un attimo prima di annegare, non credete?
Il Milan sparirà quando non più UN SOLO IMPRENDITORE avrà voglia di scommetterci su e lasciare al banco una porzione dei suoi ricavi; non un tifoso, perché il calcio si fa coi Soldi, non con le bandiere al vento; con i fatti, col lavoro, dal campo alla scrivania, non con i discorsi al bar, né con alle conferenze in giacca e cravatta. Neppure con i blog; ma questo si distingue perché ci dice altro: che l’ A.C. Milan 1899 esiste e non è quello che vogliono propinarci da almeno tre anni a questa parte; è quello che i nonni andavano a vedere per la prima volta a S.Siro nel 1926, che i papà seguirono a Wembley nel 1963, con cui noi siamo cresciuti, dalla Stella a Barcellona ‘89, passando per la B.
Abbiamo fame di Milan, quello vero... anche perché la focaccina, nel frattempo, si sta raffreddando ed il prosecco sta perdendo le bollicine. E, aggiungiamo sottovoce, sa di tappo.
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