Una Nave di Libri per Barcellona

Creato il 23 settembre 2012 da Sulromanzo

Che cosa ci fanno un centinaio di scrittori ‘incatenati’ sopra una nave? Un buon inizio.

Si cita la celebre aspra battuta di Philadelphia non tanto per far finire gli scrittori tutti in fondo al mare come vuole una recente moda crocieristica, bensì per dire che la formula ‘crociera letteraria’ tanto in voga in questo periodo ha probabilmente la sua ragion d’essere.

Nella fattispecie, dopo qualche mese, viene in mente l’edizione 2012 della Nave dei Libri per Barcellona, forse al momento l’iniziativa con più continuità nel suo genere, giunta alla sua terza edizione e organizzata da Leggere: tutti in collaborazione con Grimaldi Lines e l’Istituto di Cultura Italiana di Barcellona in occasione della Giornata Mondiale del Libro (23 aprile).

Quattro giorni di navigazione – da Porto Torres via Civitavecchia con rotta Barcellona – in una vera e propria mini-fiera del libro galleggiante, con autori di punta, editori, giornalisti e professionisti del settore di fronte a una nave al completo con più di 900 passeggeri a bordo. Numeri di una certa rilevanza, per la gioia della Grimaldi e quella del bookshop di bordo; per gli autori e gli addetti ai lavori un viaggio a metà tra la gita scolastica e il business trip; per i passeggeri una rara occasione di contatto ravvicinato con l’intero circo editoriale inevitabilmente a guardia bassa considerato il relativamente minuscolo-spazio-vitale della navigazione.

Questo per dire cosa? Le ‘navi dei libri’ – previo la definizione rimanga figurata – funzionano, eccome. Sarebbe bello però analizzare – e sull’esempio di questa per Barcellona – il perché, sotto gli occhi scrupolosi e un po’ ironici della marketing theory.

Punto primo: il quando e il per dove.

Una nave dei libri organizzata il Giorno dei Morti con rotta le Bermude avrebbe forse avuto lo stesso successo? Forse tra onorevolissimi seguaci di Lovecraft. Diciamo però che per rendere l’evento un tantino più mainstream si dovrebbero scegliere strategicamente sia il dove che il quando.

In questo caso ecco un connubio perfetto tra le due componenti. C’è infatti un motivo per cui la Giornata Mondiale del Libro (e di rimando la World Book Night) è stata istituita dall’UNESCO il 23 aprile. Proprio a Barcellona nello stesso giorno si celebra Sant Jordi, una delle ricorrenze più sentite dal popolo catalano.

La “Festa di San Giorgio – i libri e le rose” affonda le sue origini nel XV secolo, con numerose attestazioni tra l’aristocrazia della tradizione del dono di rose – come San Giorgio alla principessa dopo che sconfisse il drago. Filtrata nel folklore catalano, la festa è diventata una vera e propria festa degli innamorati, con la tradizione che vuole gli uomini regalare alle donne una rosa, e queste ricambiare con un libro. La ricorrenza dello scambio di libri era in origine ad ottobre, ma agli inizi del novecento si pensò bene di farla coincidere proprio con le rose di Sant Jordi, con l’anniversario della morte di Shakespeare e di Miguel de Cervantes.  

Così ecco che il 23 aprile Barcellona festeggia il suo patrono, e da cento anni ormai organizza il più grande evento mondiale dedicato ai libri: le Ramblas e il Barrio Gotico tramutati in un tripudio, un’intera città letteralmente sommersa da bancarelle di pagine e petali, capaci in un solo giorno di vendere la metà dei libri che a Barcellona si vendono in un intero anno, un volume incredibile considerato che con l’hinterland la città conta tre milioni di abitanti.

La crociera letteraria in quest’ottica non salpa a caso, ma legittimata da una tradizione che va a omaggiare quasi come ‘rappresentanza ufficiale’ di una determinata nazione, lingua, cultura, scena editoriale.

Punto secondo: il chi.

Chi? Ovviamente Massimo Carlotto e Carlo Lucarelli. E chi altro? Boh, qualcun altro ci sarà di sicuro, tu intanto prenota. Ecco, forse non a questi livelli, ma quasi.

Il programma deve includere dei nomi traino, questo per attirare l’attenzione, per creare aspettative e per – nuovamente – legittimare l’iniziativa.

Nella Nave di Libri per Barcellona 2012 sono stati sicuramente Carlotto e Lucarelli, insieme a Francesco D’Adamo e agli spagnoli Pedro Casals e Margarida Aritzeda a costituire con l’incontro “la nave si tinge di giallo” l’attrattiva di punta: un’avvincente tavola rotonda sul noir poliziesco in cui si sono presentati gli ultimi lavori degli autori, tra cui Respiro corto (Einaudi; 2012) di Carlotto e Febbre gialla (EL; 2012) di Lucarelli.

Potevano però cinque autori e un solo evento giustificare quattro giorni di navigazione?

Certo che no. A bordo ci devono essere anche le sorprese, gli autori che non ti aspetti, le novità che sfogli con occhio sornione tra gli scaffali. Ed è così che la nave di libri usa il best-seller anche per trainare tutta una serie di pubblicazioni che sarebbero altrimenti invisibili. Questo per esempio il caso della nutrita rappresentanza della piccola e media editoria sarda (Ethos, CUEC, Condaghes) che ha presentato alla pari la sua valida offerta con un discreto successo di copie vendute.

Ma si legge e basta o ci danno anche da mangiare? E la musica? Anche questo fa parte del chi, ecco così lo Chef Cristiano Andreini e le sue pastasciutte, Teresa De Sio in concerto all’arrivo a Barcellona e il fenomenale Antonello Avallone e il suo monologo teatrale tratto da Novecento di Baricco. Non solo, tra il chi devono essere annoverati anche e sopratutto i passeggeri, i curiosi che hanno voluto partecipare a un’iniziativa allettante, salvando scrittori, editori e artisti da un pericoloso soliloquio fluttuante nel Mediterraneo, con rischio epiloghi alla Ore 10: calma piatta.

Punto terzo: il come.

Questo il punto più importante. Una volta che la nave la si riempie, è la nave stessa a rappresentare la riuscita dell’iniziativa. Non si tratta infatti di una fiera del libro su terra ferma, che si può abbandonare alla prima stanchezza. Si tratta di una nave in navigazione, di uno spazio chiuso che ti mette nelle condizioni fisiche di partecipare necessariamente a ciò che ti trovi davanti, che questo sia un reading, un dibattito o un concerto. Un lieto tour de force capace in parte di abbattere la barriera tra ‘attori’ e ‘spettatori’, letteralmente ‘tutti nella stessa barca’. Autori con famiglie, editori senza lo scudo-fotonico a tenerli separati dal mondo degli umani, lettori col coltello dalla parte del manico, tutti seduti allo stesso salottino con un mojito in mano. E di libri, di rimando, se ne vendono, perché se per quattro giorni ci si deve recare in una determinata sala almeno tre volte al giorno per assistere a quello o a quell’altro evento, un occhio al bookshop all’entrata lo si dà, e un libro almeno lo si compra; uno, due, tre, quattro libri, dai, che tanto l’autore è seduto lì che beve il mojito – simpatico giovinotto – una firma ce la metterà di sicuro.

Le crociere letterarie funzionano. Al prezzo di una normale crociera e spesso anche inferiore, alla bellezza del viaggio si aggiunge un utile per tutti i partecipanti, quantificato in copie vendute, e  non quantificabile se si considera ciò che è il vero motore dell’editoria e del mercato del libro: la parola. Il buzz, il networking, lo scambio di opinioni, di consigli alla lettura, una sana dose di non troppo pretenziose malelingue e un generale piacere in quello che a noi sapiens-sapiens piace tanto fare: chiacchierare. Poi un libro, un libro lo si compra sempre.

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