Nel 2028 previsto il lancio di un sofisticatissimo osservatorio orbitante nei raggi X. L’obiettivo è indagare i fenomeni più energetici che avvengono nell’universo: plasma caldo negli ammassi di galassie e nei filamenti cosmologici, buchi neri, lampi gamma, fino alle prime stelle supermassicce formatesi 150 milioni di anni dal Big Bang. Determinante nel progetto il ruolo di INAF, ASI e Università italiane.
di Davide Coero Borga 28/11/2013 17:29“L’Italia è ai vertici dell’eccellenza mondiale nell’astronomia X e Gamma” dice Giovanni Bignami, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Gli scienziati italiani, in particolare quelli del nostro Istituto, saranno la componente fondamentale nella realizzazione della missione, sia per la parte scientifica sia per lo studio del concetto di satellite e dei suoi strumenti. Ci resta ancora tanto da scoprire in questo campo e per riuscirci – conclude Bignami – ci vorrà un nuovo telescopio spaziale che sia dotato dei più avanzati ritrovati tecnologici nel settore della ricerca astrofisica. Dispositivi che, una volta realizzati, potranno fornire un importante ritorno, con applicazioni in ambiti ben diversi dal campo della sola ricerca spaziale”.
L’ Universo è permeato di un plasma caldissimo, che si estende in una ragnatela cosmologica e al cui centro risiedono gli ammassi di galassie. I buchi neri di ogni taglia, i più grandi dei quali risiedono al centro di ogni galassia, sono fondamentali per comprendere come “funziona” l’universo che noi conosciamo. L’energia espulsa dal buco nero è in grado di influenzare la formazione e la vita delle stelle e della galassia che lo ospita. I primi si sono formati dall’esplosione delle prime stelle dell’Universo, circa 150 milioni di anni dopo il Big Bang. Queste stelle primordiali sono evolute molto rapidamente, in “appena” un milione di anni dalla nascita hanno esaurito il loro combustibile e sono esplose, formando e poi espellendo nello spazio i primi elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e dell’elio – come carbonio, ossigeno e ferro – e generando i primi buchi neri dell’Universo, i ‘semi’ dei buchi neri supermassicci che oggi si trovano al centro di ogni galassia. Il modo di scoprire queste stelle primordiali è osservare e studiare la loro esplosione, che è accompagnata da un lampo di raggi gamma.
“L’enorme flusso di radiazione in raggi X prodotta dal lampo gamma ci permetterà letteralmente di radiografare la materia che lo circonda e quindi determinare la distanza e la composizione chimica, il segno di riconoscimento delle stelle primordiali dalle generazioni seguenti” spiega Luigi Piro dell’INAF-IAPS di Roma, il coordinatore del team italiano della proposta per il concetto di missione chiamato Athena+.
È importante che la comunità di astrofisica dei raggi X prosegua il suo lavoro di ricerca. Il telescopio spaziale avrà bisogno di uno specchio di grande area e rivelatori per raggi X di nuova concezione che funzionino a temperature bassissime in fase di transizione superconduttiva (i soli strumenti in grado di misurare con grandissima precisione l’energia e la posizione di ogni singolo fotone X) e questo richiede uno sforzo congiunto a livello europeo e internazionale. “L’Italia – prosegue Piro – è stata tra i primi Paesi a sviluppare questa tecnologia ed è leader nel settore, grazie all’impegno dei ricercatori dell’INAF, delle Università, del CNR e il supporto dell’ASI”.
“Oggi si è senza dubbio fatto un passo fondamentale” ha dichiarato Enrico Flamini immediatamente a valle della votazione cui ha partecipato questa mattina come delegato italiano allo Science Program Committee dell’ESA. “Oggi, con voto unanime da parte di tutte le Delegazioni, non abbiamo approvato una specifica missione, ma un tema scientifico che tuttavia si basa su studi e sviluppi condotti negli ultimi anni e che hanno visto una larga fetta degli astrofisici spaziali italiani dare il loro sostanziale supporto di competenza. Una competenza che si è sviluppata e consolidata soprattutto grazie ad alcuni programmi dell’ASI come Beppo-Sax e Agile”.
Il tema vincente proposto, che vede il supporto di oltre 1200 ricercatori in tutta Europa, coinvolge numerosi Istituti e Osservatori dell’INAF (IAPS/Roma, IASF di Milano, Bologna, Palermo, Osservatori di Milano, Trieste, Torino, Bologna, Arcetri, Padova, Roma, Napoli, Palermo ) e le Università di Roma (I, II e III), Milano, Trieste, Bologna, Palermo, l’Università e sezione INFN di Genova e l’IFN del CNR.
Per saperne di più:
Il comunicato stampa INAF-ASI.
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga