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Una nuova stagione per il dialogo

Creato il 22 marzo 2013 da Www.marsala.it @@il_volatore
Nulla, ne sono sempre stato persuaso, è più sterile delle contrapposizioni figlie dell’irrigidimento ideologico: ecco perché, dopo aver espresso le mie riserve circa i silenzi di Bergoglio durante il periodo della dittatura militare argentina, oggi intendo mettere in luce i segnali positivi che emergono dall’incontro tenutosi ieri tra il nuovo pontefice ed i rappresentanti delle altre confessioni cristiane e tradizioni religiose. Del discorso tenuto da Francesco I vorrei sottolineare, in particolare, la centralità di tre aspetti. 
  • Anzitutto, il ripristino delle linee-guida in ambito ecumenico ed interreligioso dettate dal concilio Vaticano II, sostanzialmente abbandonate quando non espressamente contraddette ed osteggiate nel corso dei pontificati di Wojtyla e di Ratzinger. Finalmente il cattolicesimo torna a proporsi come religione dialogica, aliena da quell’assolutismo integralista che connotava l’impostazione ratzingeriana della riflessione teologica, dogmaticamente intransigente. Con la relativizzazione (come è noto, termine come nessun altro temuto e ostracizzato dal precedente pontefice) della prospettiva cristiana sull’assoluto, parola finalmente restituita a quell’etimo che impedisce ogni appropriazione esclusiva e per ciò stesso indebita del suo senso inesauribile, Bergoglio permette che varchino il soglio pontificio tesi assai vicine a quelle espresse da un teologo progressista come Hans Küng che, sotto Wojtyla, si era visto revocare la missio canonica, l’autorizzazione all’insegnamento della teologia di cui ancora oggi necessitano i docenti universitari cattolici, con un’evidente quanto imbarazzante limitazione della libertà di ricerca e di espressione.
  • Una nuova stagione per il dialogoAltrettanto significativo, specie sulla bocca di un pontefice, è il riferimento esplicito alla «promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose». L’auspicio, naturalmente, è che le donne possano finalmente avere accesso ad una piena parità nella gestione della vita ecclesiale, rivestendo in tutto e per tutto gli stessi ruoli che, senza alcuna ragione plausibile, sono stati per secoli appannaggio dell’universo maschile, cosa che ha inevitabilmente prodotto un impoverimento della riflessione teologica cattolica ed una notevole restrizione della sua sensibilità umana, prima ancora che spirituale, liturgica ed esegetica.
  • Infine, la menzione delle persone che non riconoscono la propria appartenenza «ad alcuna tradizione religiosa», ma che perseguono comunque «verità, bontà e bellezza» (sì, bellezza: quasi un richiamo a quella «bellezza che salverà il mondo» di cui parla il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij) che vengono definite «preziose alleate nell’impegno a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nel custodire con cura il creato». Nuovamente, tutte affermazioni che sottraggono al cattolicesimo quella posizione di presunta e presuntuosa preminenza che caratterizza il pensiero ed il linguaggio propri della teologia conservatrice, per erodere la quale, comunque, il lavoro che attende la base, prima ancora che il pontefice, è ancora assai lungo. Certo, un nuovo corso, in tal senso, sembra finalmente essere incoraggiato da chi occupa un ruolo di indubbia responsabilità pastorale ed istituzionale: di questo, chiunque creda nel dialogo e nella sua fecondità, non può che  rallegrarsi.
Alessandro Esposito - pastore valdese -(articolo pubblicato su MicroMega il 21 marzo 2013)  

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