Come già ci siamo abituati a notare, Monti e Bersani continuano il loro walzer di accuse e strizzate d’occhio reciproche. Dopo le parole di Bersani, che ha definito una “vittoria di Pirro” il risultato di Monti nel consiglio europeo in materia di bilancio, il professore ha seccamente definito “infantile” il segretario del Pd. Ma dietro la facciata pubblica, le trattative sembrano ormai ben avviate e Bersani pare abbia fatto breccia tra i centristi con il “voto utile”.
Una partita a scacchi con due vincitori. È questo quanto sta accadendo in campagna elettorale tra il professore e il segretario del Pd. Nonostante infatti i due non rinuncino talvolta a punzecchiarsi, è utopistico pensare che i due partiti non collaborino durante la prossima legislatura. Resta solo da sciogliere le riserve su chi deterrà pubblicamente lo scettro. “Siamo pronti a <strong “mso-bidi-font-weight:=”" normal”=”">collaborare con i centristi”, ha detto <strong “mso-bidi-font-weight:=”" normal”=”">Bersani la scorsa settimana; “vogliamo <strong “mso-bidi-font-weight:=”" normal”=”">unire il fronte dei riformisti”, ribadisce costantemente Mario Monti, ma nessuno dei due osa avanzare la proposta che il contratto sia stipulato prima delle elezioni, rendendo così una grottesca farsa buona parte di programmi politici, slogan e, non per ultima, la volontà popolare. A nessuno sarà infatti sfuggita la tela di Penelope tessuta a quattro mani dai due, che si ammiccano e scacciano da circa due mesi con una velocità impressionante, disfacendo di notte le trame intrecciate di giorno.
Solo ieri Bersani ha definito “una vittoria di Pirro” il risultato annunciato da Monti nel consiglio europeo, che prevede uno sgravio fiscale di 5 miliardi in 5 anni per l’Italia. E il premier uscente, che fa della sua statura internazionale la credenziale principale, non si è ovviamente potuto esimere dal bacchettare Bersani dandogli dell’”infantile” e ricordando che il Pd, come gli altri partiti politici in parlamento nell’ultima legislatura, non ha dato prova di sufficiente maturità e consapevolezza per gestire il nostro Paese in un tempo così delicato. Quel che B. e M. non dicono è che, se andasse al governo un partito dei due (o tutti e due insieme), qualsiasi riduzione dei debiti verso l’Europa sarebbero “bruscolini” rispetto ai quasi 50 miliardi di euro di tagli previsti dal Fiscal Compact, presente nelle agende di ambedue. E in tal caso non sarebbe nemmeno più opportuno parlare di vittoria cadmea, dal momento che si tratterebbe di una vera e propria ecatombe sociale senza nemmeno il premio di consolazione.
Altro tema su cui Monti e Bersani intrecciano i fioretti è quello del voto utile. Proprio oggi è stata divulgata la notizia che alcuni centristi sembrerebbero disposti a <strong “mso-bidi-font-weight:=”" normal”=”">votare per il Pd alle regionali in Lombardia, tagliando definitivamente fuori dai giochi Pdl e Lega Nord, pur mantenendo la preferenza alle nazionali per Scelta Civica. A Bersani, che vede la possibilità di un tacito accordo anche al Senato con i centristi in Lombardia, son brillati gli occhi, mentre il professore della Bocconi non ha potuto nascondere il suo disappunto per la scissione in seno alla sua coalizione. E non c’è da stupirsi visto che Monti punta molto sul consenso imprenditoriale del suo quartier generale. Bersani, invece, si dice molto soddisfatto del fatto che il suo appello al “voto utile” per sconfiggere la destra (anche se l’alleanza con Monti non sembra proprio il massimo in tal senso), stia finalmente facendo breccia tra gli schieramenti. Diverbi pubblici a parte, quindi, <strong “mso-bidi-font-weight:=”" normal”=”">il tema delle trattative non scritte tra Pd e Monti è sotto gli occhi di tutti: un governo moderato, più o meno riformista, politicamente corretto al limite del vittoriano e lontanissimo dalle persone.
Tra cardature e tele disfatte tuttavia, nessuno rinuncia a punzecchiare con ardite metafore zoologiche Berlusconi, che pressa i suoi antagonisti con una serie di proposte al limite del tragicomico. Bersani parla di “giaguaro da smacchiare”, Monti di “camaleonte da rendere trasparente” e Vendola di “caimano della palude”. Quel che però sembra effettivamente profilarsi da questa campagna elettorale è, per rimanere in tema, una “fattoria degli animali” (leggi) in pieno stile orwelliano.
Fabrizio Leone