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Una ricetta per il PdL. E una per il PD

Creato il 23 maggio 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi
Una ricetta per il PdL. E una per il PD

Competenza, preparazione, fascino. Daniela Santanché.
firmato “Pinocchio”

Personaggi francamente impresentabili, poiché impersonano un modo di rapportarsi con l’interlocutore che non è più tollerato. Mandare

Se il PdL vuole avere una speranza di vincere le elezioni del 2012, in una corsa disperata ad un distacco che sembra ormai incolmabile, deve approfittare del risultato elettorale uscito dalle urne delle Amministrative per fare piazza pulita.
Non basterà rifarsi il trucco: servono persone nuove con idee nuove. Ed anche parole e linguaggi nuovi, più seri e pacati nei toni e nella sembianza.
Basta con i baldi giovani di ottima famiglia, con una laurea in tasca propiziata dalle famiglie influenti ed un conto in banca che ispira serenità.

Gli Italiani non vogliono essere governati da maliarde tondeggianti, né da viscidi Gollum che difendono il loro tesssoro. Purtroppo, a ben vedere, l’attuale classe dirigente ha studiato in tutti i dettagli la sua pluriennale supremazia: annientamento delle basi culturali del paese, imposizione di status symbol basati sull’apparenza, distruzione delle basi ideologiche su cui i partiti fondavano la loro storica base di consensi.

Una devastazione che ha restituito ai partitocrati una landa desolata di nome Italia, in cui ormai i cittadini si disinteressano della vita pubblica del paese. Inutile cercare sensazionalismi: la strategia della distrazione, spesso basata sugli scandali sessuali dell’ex premier, ha stancato gli italiani che son finiti per stancarsi di essere perennemente distratti, ed accorgersi di essere governati da indegni.

Cambiare nome e facce dei dirigenti della prossima creatura politica del centrodestra potrebbe non essere sufficiente a resistere all’attacco delle sinistre, che preparano una forte controffensiva per le politiche 2013. Non senza note dolenti.

Il PD, dice Bersani, ha vinto le elezioni amministrative 2012: nel tono delle affermazioni ricorda un po’ Prodi, che mentiva sapendo di mentire. Ricorda anche un po’ D’Alema, e per certi versi Fassino: diciamolo pure, al PD le analisi post voto stanno davvero antipatiche, difficilmente vedremo un uomo del PD ammettere una sconfitta con mestizia e sincerità. Per quello che si è visto, il PD non è in grado di vincere le elezioni politiche dell’anno prossimo. In primis, per la pochezza del suo leader Bersani, pronto a sostenere che,a Parma , il PD ha “non perso”. Qualcuno spieghi al segretario PD del non-senso sotteso alle sue parole. Prova a ridimensionare il risultato di Grillo a Parma quindi, ma dimentica che ad essere impegnato nel ballottaggio contro il vincitore Pizzarotti, c’era Vincenzo Bernazzoli, uomo CGIL e già presidente della provincia ducale.

Se la “sinistra” vuole davvero costituire una valida alternativa al malgoverno che ha disastrato l’Italia negli ultimi anni, deve unirsi, non dividersi. Deve rispettare maggiormente le posizioni tradizionaliste, che in fondo non sono peggiori della linea radical chic imperante nel partito di Bersani.

Sembrano altrettanto fuori luogo le dichiarazioni di certi giovani, autentici “grilli” che scelgono la platea televisiva per lavare i panni sporchi col proprio segretario di partito. Renzi, da Floris, dà l’impressione di non condividere (mi si conceda l’eufemismo) la linea del segretario Bersani, contestandone pubblicamente alcune scelte, dimostrando in maniera inequivocabile una crepa nel rapporto tra i dirigenti del partito ed alcuni componenti. E questi segnali vengono percepiti dal potenziale elettore che, dovendo scegliere, potrebbe votare per chi sorride, sghignazza e fa battute dal palco, invece di fidarsi di chi mostra divisione tra le componenti del partito.

Con buona pace di Bersani, il risultato di Parma indica una sonora bocciatura per la politica delle stanze e dei partiti tradizionali, quelli in giacca e cravatta che il popolo ha dimostrato di non amare più. Altro che antipolitica.


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