Una settimana di “Vergognamoci per lui” (130)

Creato il 16 giugno 2013 da Zamax

Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM

FRANÇOIS HOLLANDE 10/06/2013 Monsieur le Président, in visita in Giappone, andando ben al di là della normale cortesia istituzionale, ha lodato assai l’azione del premier Abe. Per il socialista francese la politica economica del liberal-conservatore Shinzo Abe è una buona notizia anche per l’Europa. L’Abenomics mette in primo piano la crescita e la capacità di sprigionare fiducia. Ed è un gran vantaggio per il Giappone poter decidere in modo sovrano la propria politica monetaria. Ah, se potessimo farlo anche noi europei! Così dice Hollande, dimostrando di pensarla su questa materia esattamente come quel mattacchione del Berlusca. Dovrei allora essere contento in quanto berlusconiano? Per niente, è la conferma che la sinistra apprezza solo le minchiate di Silvio. E’ la conferma che le politiche espansive che hanno affossato le economie anglosassoni e quella dello stesso Giappone sono l’ultima frontiera dell’interventismo, dello statalismo, e del socialismo democratico, ora che lo statalismo classico ha grattato il fondo del barile. Col cannone della sovranità monetaria tutto si può fare, così spera il popolo bue, incurante del fatto che la prima regola del socialismo finanziario è non aver alcun rispetto per i vostri già poveri risparmi, e la seconda foraggiare una sua nomenklatura e una sua burocrazia.

CLAUDIA GERINI 11/06/2013 Da un po’ di tempo in qua sembra che lo sport preferito dalle attrici cinematografiche sia di andare a caccia di ruoli trasgressivi e di esibirsi in performance al limite del porno-soft. Nessuna vuole rimanere indietro, men che mai le quarantenni. L’attrice romana, per esempio, è la protagonista di “Tulpa”, un nuovo giallo a luci rosse, dicono le cronache. “Tulpa” è il nome di un sex club. Avrebbe potuto benissimo chiamarsi “Bunga Bunga”, ma non sarebbe stato abbastanza fine per la nostra smidollata borghesia. Sembra che il film sia a luci rosse per davvero: «ci sono scene di eros estremo, tanto forti che rivedermi è stato uno choc», ha detto la Gerini, augurandosi che la figlia invece lo possa vedere solo quando sarà trentenne. E allora perché lo ha fatto? Perché il personaggio interpretato è troppo seducente: la classica donna dalla doppia vita, puritana e mignotta, algida e operosa di giorno, lussuosa e lussuriosa di notte. L’unica vera sfida che avrebbe potuto giustificare questo frustissimo parto della fantasia sarebbe stata quella di dire tutto senza far veder niente, col massimo e arrapante decoro. Invece ci viene promesso che vedremo qualcosa di più. Andateci pure. Non ci sarà niente da vergognarsi. Non vi scambieranno per un berlusconiano. E’ sesso, ma griffato.

MASSIMO BRAY 12/06/2013 Durante un convegno organizzato dal patron di Eatitaly Oscar Farinetti, il ministro della cultura ha incontrato il gotha dell’alta cucina italiana, critici gastronomici compresi. Siccome sono sospettoso di tutte le combriccole saccenti, specie quelle italiane, non so se fosse veramente il gotha – sono scarso in materia – o se fosse il solito sinedrio in cui si entra grazie al valore aggiunto di pseudo-meriti politico-culturali, che sono per definizione progressisti, anche quando tendono al protezionismo. Comunque non cambia nulla. Il ministro ha ascoltato i pareri di tutte le auguste eccellenze sullo stato del settore e poi ha parlato. Del più e del meno, all’inizio, mi sembra di capire. Sarebbe stato saggio attenersi a questa diplomatica ostentazione di disponibilità. Invece il ministro ha voluto strafare e andando più sul concreto ha indicato delle priorità, tra le quali «realizzare una Scuola Normale per la gastronomia, porre il problema delle licenze e della provenienza del cibo e ricominciare a pianificare», a dimostrazione che se non viene tenuta a bada con consapevole durezza, la passione per il socialismo è la malattia professionale di qualsiasi uomo di governo.

EMMA BONINO 13/06/2013 «È un errore guardare alla Turchia con un occhio offuscato da modelli ingannevoli. Si è parlato di primavera turca, ma non è così. I turchi non sono arabi e Piazza Taksim non è Piazza Tahrir.» Cara signora ministro, lei meriterebbe di essere sculacciata. Chi li ha costruiti i «modelli ingannevoli» se non voi? Avete sposato la demagogia per due anni di fila e adesso chiamate stupida la coerenza di coloro che se la sono bevuta? Le due primavere arabe genuine, quella tunisina e quella egiziana, riguardavano due paesi retti da lungo tempo da governi “laici” e “moderati”. La storia insegna che la voglia di libertà cresce là dove se ne vedono gli spiragli, non dove essa è invisibile. Governare l’accesso delle masse all’uguaglianza dei diritti è una sfida tanto pericolosa da aver conosciuto le cadute disastrose nei vari totalitarismi, fenomeni che solo in tempi di incipiente universalismo democratico si possono concepire: una massa uniforme di sudditi ben inquadrata e livellata è infatti la forma democratica del dispotismo moderno. Immemori della nostra storia avete avallato senza alcun prudente discernimento non solo le ragioni delle piazze egiziane e tunisine, ma anche quelle dei ribelli libici e siriani, che di gaio e primaverile non avevano un bel nulla. L’unica differenza tra le primavere arabe genuine – e già degenerate – e quella turca, è che quest’ultima riguarda un paese molto più occidentalizzato. Ma alla radice vi è la stessa tensione tra l’Islam e la secolarizzazione, tra l’Islam e la democrazia. Ora predicate prudenza e fate bene. Ma siamo sempre noi che non capiamo. E già.

[(RISPOSTA AI COMMENTI) Rispondo a lei per tutti. Tengo d’occhio da giorni la Bonino sulla questione turca. So benissimo che la Bonino ha parlato di “occupy” a proposito della protesta turca. In parte, ma solo in parte, è vero. Anch’io ho scritto di una rivolta che riguarda un paese molto più “occidentalizzato”. Poi non raccontiamo frottole (ma avete letto quel che ho scritto?): le primavere egiziane e tunisine (e anche le altre) sono state “cantate” dai media occidentali come rivolte “laiche e democratiche”. Era chi criticava questo apriorismo che metteva in guardia contro le grandi forze islamiste che si muovevano dietro le proteste per coglierne i frutti al momento giusto. Le proteste di piazza erano fatte da una infima minoranza di ceto urbano e “liberale” (questa era appunto la parte genuina del movimento di protesta), almeno all’inizio) che ben presto sarebbe stato inghiottita dalla massa islamica manovrata dalla setta più forte. Con ciò confermando la solita fenomenologia rivoluzionaria. Senza alcuna prudenza, per opportunismo, l’Occidente ha sposato la causa rivoluzionaria. Adesso abbiano gli islamisti al potere in Egitto e in Tunisia. Abbiamo la Libia in piena anarchia. In Siria il macello va avanti senza che si veda una qualche soluzione, anche perché, come avevo previsto (ebbene sì), dopo la presa in giro libica la Russia non avrebbe mollato di un millimetro, e la Cina non avrebbe fatto un passo verso le posizioni occidentali. Non ho sentito nessun mea culpa. Oggi che la protesta investe la Turchia, vedo la Bonino fare discorsi ultraragionevoli e ultrariguardosi. Stiamo attenti a distinguere, per l’amor di Dio! Ma ha ragione! Non l’ho scritto anch’io: “predicate prudenza e fate bene”? La voglia però di distinguere a tutti i costi l’europeizzante primavera turca da quelle arabe serve appunto più a nascondere sotto il tappeto gli errori commessi in questi due anni passati che a rilevarne la specificità. Abbiamo voluto chiamare “dittatori” Ben Alì e Mubarak, dopo che per trent’anni l’Occidente non li aveva mai chiamati così? Anche se per il contesto mediorientale quei due personaggi erano piuttosto bonaccioni, ancorché di gusti autocratici? E perché allora, se tanto mi dà tanto, Erdogan adesso non dovrebbe essere chiamato un mezzo autocrate? Come mai adesso la Bonino mostra tutto questo saggio equilibrio verso la situazione turca?]

LA CONFEDERATIONS CUP 14/06/2013 Per quanto mi riguarda alla fine della stagione calcistica mancano al massimo due partite, quelle della nazionale agli Europei Under 21 in Israele. Poi tirerò giù la saracinesca fino all’inizio del prossimo campionato. Di calcio ne ho fin sopra i capelli, figuriamoci se perderò tempo a sorbirmi quello fasullo. Ha ragione Moggi: la Confederations Cup è un torneo inutile, senza alcun prestigio, che serve solo agli sponsor. Non mi è rimasta in testa una partita che sia una delle edizioni precedenti. Non mi ricordo chi le ha vinte. Niente di niente. A cosa può servire questa coppa, oltre che a gonfiare l’immenso oceano di chiacchiere in cui il calcio ormai annega? Al massimo a inflazionare i trofei, ossia a svalutarli. Se non puoi incrementare la ricchezza di una nazione stampando banconote, nemmeno puoi aumentare la torta complessiva del prestigio sportivo riconosciuto ai risultati ottenuti sul campo inventandoti nuove competizioni e coppette del piffero. Anche se le chiami Supercoppe.


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